Valentina Pistillo
Quelle guardie vecchio stampo
Tra fiction e realtà, Luca Zingaretti, per i 50 anni dei poliziotti dell’Anps, parla di Montalbano e del fattore umano
Se con Pepe Carvalho, l’investigatore uscito dalla penna di Manuel Vázquez, condivide la passione per la buona cucina, con Kurt Wallander, l’ispettore di Henning Mankell che vive a Scania, estremo lembo meridionale svedese, ha in comune il posto dove vive, laggiù dove la terra finisce, in una Sicilia sospesa nel tempo: è il commissario Montalbano, nato dai romanzi di Andrea Camilleri, personaggio sui generis, che continua ad avere uno strepitoso successo di pubblico. Un carattere particolare il suo, che influenza anche il criterio anticonformista di indagare. Piuttosto sanguigno e passionale, dai modi sbrigativi e non convenzionali nel risolvere i casi: sarà anche per questo che ha molto seguito e ancora di più perché è legato all’attore che gli ha dato il “soffio vitale”, Luca Zingaretti, il commissario più amato d’Italia. Poliziamoderna lo ha incontrato in occasione dell’anteprima dei nuovi episodi televisivi, alla presenza del capo della Polizia Franco Gabrielli e di fronte ad una platea di poliziotti, composta anche da personale in pensione dell’Anps, l’Associazione nazionale Polizia di Stato. Per la celebrazione dei suoi 50 anni dalla fondazione, ha radunato una rappresentanza di colleghi che hanno messo a segno brillanti operazioni con capacità analitiche e intuitive, proprio come quelle dell’investigatore della tv. Nel corso della cerimonia Gabrielli si è dichiarato orgoglioso di come l’immagine di un commissario della Polizia di Stato sia conosciuta in tutto il mondo, riferendosi alle traduzioni del romanzo in tutte le lingue e ha affermato che: «Montalbano, nonostante sia un commissario che non nega le sue criticità, i suoi limiti e le frustrazioni, ha una forte vena di speranza, di prospettiva e di luce, cioè la cifra distintiva del nostro lavoro». E rivolgendosi alla platea di poliziotti in pensione ha continuato: «Mi fa piacere vedere i “nostri vecchi”, nonostante l’anagrafe ingiusta abbia deciso che il loro tempo è scaduto – ha sorriso – continuano ad avere attaccata addosso la divisa, anzi non l’hanno mai abbandonata. Girando l’Italia, ho trovato un poliziotto di 94 anni che ancora la porta, come testimonianza, un bell’esempio per tutti soprattutto nei momenti difficili. Ricordiamo questi valori e questi ideali anche osservando i presenti. Vi confesso che ho anche un po’ sognato guardando gli episodi nati dalla straordinaria penna di Camilleri e dall’eccezionale talento artistico di Luca Zingaretti». L’attore, con la sua immancabile sciarpa al collo, la mimica simile al commissario siciliano che si è cucito addosso come una “divisa”, si è confidato ai microfoni di Poliziamoderna: «Mi ha fatto piacere conoscere questi ex poliziotti. Per me è una gioia vedere degli appartenenti a un passato che sta scomparendo, dove il fattore umano era di fondamentale importanza. Provo una grande nostalgia per quel periodo, anche se oggi le indagini della Polizia, grazie ai mezzi tecnologici, sono più sicure. Però rimane, secondo me, di fondamentale importanza anche il fattore di fallibilità umana».
Lo sceneggiato è ambientato ai giorni nostri, in un commissariato di provincia, nel paese immaginario di Vigata. Il protagonista fa ancora affidamento al suo intuito : «Lo può fare perchè è profondo conoscitore del territorio in cui si muove – ha spiegato l’attore – e spesso prende in giro, suo malgrado, la tecnologia e le innovazioni della scienza. Quando arrivano i poliziotti della Scientifica Montalbano si rivolge, infatti, al suo vice dicendo “fai avvicinare il circo equestre” – ha osservato sorridendo Zingaretti – Occorre trovare un compromesso: far affidamento ai nuovi strumenti ma principalmente far leva sulla persona, sull’individuo, sull’essere umano. Penso che Camilleri abbia trovato in questo un giusto equilibrio, anche ironico, quando apostrofa in modo scherzoso le innovazioni tecnologiche perché anche lui ha capito che occorre mettere al centro di ogni questione il fattore umano». Quando Zingaretti parla dello scrittore siciliano, che è stato anche suo maestro all’Accademia nazionale d’ arte drammatica Silvio D’Amico, mette da parte quell’atteggiamento ruvido e i suoi modi bruschi e gli si illumina lo sguardo. Montalbano è un commissario vecchio stampo: conduce le indagini in modo deduttivo, collegando gli indizi e tentando di dar loro un senso, attraverso osservazioni e interrogatori. Un po’ lo stesso modus operandi di quegli investigatori ex poliziotti radunatisi per festeggiare il cinquantenario dell’Anps ai quali l’attore si è rivolto con affetto e ammirazione. Poliziamoderna ha ascoltato alcune loro storie, nella sala riunioni dell’Ufficio relazioni esterne. In abito sociale (l’uniforme tipica dell’Anps), si è avvicinato Salvatore Musumeci, presidente dell’Anps di Ragusa, oggi settantenne, che ha veramente operato nel luoghi dove è ambientato Montalbano. Ha lo sguardo lucido dall’emozione nel raccontare uno dei suoi episodi in cui le congetture lo hanno portato alla risoluzione del caso. Da sempre alla polizia scientifica, ci ha riferito di un’operazione a cui aveva partecipato che fa capire quanto fosse importante l’acume e la deduzione: «Durante un sopralluogo, dopo che era stata segnalata una rapina in gioielleria, parlando col proprietario del negozio, ho capito che uno dei tre rapinatori a viso scoperto aveva esclamato “mia moglie”, con forte accento napoletano. Mi ricordai di un pregiudicato di origini campane ma non corrispondeva la descrizione. Scartabellando un fascicolo in ufficio, ne notai uno di un individuo che era stato denunciato per una rissa a Castelvetrano. Supposi che, agendo a volto scoperto, i malviventi non fossero di Ragusa. Ho chiamato i colleghi di quella città e mi sono fatto mandare le carte di identità e così ho riconosciuto tutti e tre i criminali. Finalmente riuscii a far arrestare i responsabili della rapina».
Presente alla cerimonia c’era anche Simone Fusto, catanese, 78 anni ad aprile, presidente dell’Anps di Enna, ispettore superiore in congedo, nonno di 4 nipoti «che sono la mia vita», ha affermato commosso l’ex poliziotto, che ha lavorato in Sardegna al tempo dei sequestri, alla Mobile di Palermo ed è tornato infine alla questura di Enna. «Il mestiere del poliziotto è estremamente pericoloso – ha ribadito – ma se uno lo può raccontare deve ritenersi molto fortunato. Ai nostri tempi operavamo con gli apparati radio e null’altro, senza l’ausilio dei mezzi tecnologici. Io ricordo la cattura di Graziano Mesina nel 1968 (bandito sardo, conosciuto per le ben 22 evasioni e per il suo ruolo di mediatore nel sequestro del piccolo Farouk Kassam, ndr) e, quando Zingaretti ha parlato del fattore umano, ho pensato come questo principio mi abbia aiutato durante la carriera: l’umanità del nostro lavoro nel trattare un criminale pericoloso come Mesina il quale addirittura mi ringraziò per il rispetto con cui lo avevo trattavo. Quando lo catturammo era armato fino ai denti ma non avvenne alcun spargimento di sangue. Lavorammo in un certo modo, poiché bastava che uno, tra i sette della squadra, perdesse la testa e sarebbe successa una strage. Altro gesto di umanità fu quello di fare una colletta per un collega in difficoltà a cui regalammo 100mila lire, l’equivalente di 3mila euro di oggi. E poi nel momento in cui, a un certo punto della mia carriera, ho puntato tutto sull’importanza della vita umana, quella spezzata prima del tempo dei miei due colleghi di corso, da vice brigadiere, che rimasero uccisi in un conflitto a fuoco.
Poliziamoderna ha ascoltato anche la storia di Nicolò Villabuona, ex sostituto commissario, Cavaliere ordine al merito della Repubblica Italiana, a capo dell’ Anps di Trapani. Dalla Squadra mobile di Caltanissetta alla Digos di Trapani. Non riesce a dimenticare i suoi primi giorni di servizio in cui era intervenuto per un tentativo di stupro di una ragazza di appena sedici anni: «le avevo promesso di ritrovare il suo carnefice al più presto – ha ripercorso con la mente Villabuona – viste anche le sue condizioni di salute, poiché oltre al tentativo di violenza era stata colpita alla testa con una pietra e fortunatamente dopo due giorni riuscii a incastrarlo. Grazie anche alla Vespa che la ragazza mi aveva descritto e che il suo aguzzino le aveva rubato. Mi ero affezionato a quella giovane, determinata a ottenere giustizia, nonostante quell’ episodio, accaduto in un paesino dell’entroterra siciliano, l’avesse segnata a vita». Anche in questo caso ritorna il fattore umano, caro a Camilleri e al commissario uscito dal suo romanzo: Nicolò, il poliziotto che l’aveva aiutata, aveva stabilito con la vittima un vincolo, un legame quasi fraterno, rimanendo successivamente in contatto con lei e avere sue notizie.
E, a proposito di investigatori, anche quelli sulla carta stampata sono dotati di grande acume e abilità. Oggi, inoltre, la cultura della legalità va sui fumetti. La Polizia di Stato ne ha scelto uno per promuovere un concorso nelle scuole di molte città italiane, “PretenDiamo legalità”: è il fumetto del commissario Mascherpa, lanciato a puntate all’interno di Poliziamoderna, che fa concorrenza anche al commissario Montalbano. «Come la fiction, anche il fumetto è uno strumento efficace per diffondere tra i giovani i temi della sicurezza e la cultura della responsabilità – ha concluso Zingaretti – Credo che sia anche un’ottima strategia messa in atto dalla Polizia di Stato che, in un’epoca di grandi cambiamenti, è riuscita ad arrivare soprattutto ai giovani».