Paolo Venturini*

La madre di tutte le corse

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La leggenda, la storia, l’attualità della maratona. Dagli eroi, agli amatori di una disciplina da preparare con cura

sport 12-17

Iniziare a trattare questo argomento, senza cadere nella banalità, non è proprio facile. 

Sono in molti a scriverne, specialmente in questa stagione a ridosso di una, o forse della più famosa al mondo. A cosa alludo? C’è un nome strettamente legato alla corsa ma che è usato nel linguaggio quotidiano a caratterizzare qualcosa di interminabile, di estremamente faticoso: maratona. La “madre” delle gare di corsa, il momento più celebrativo di ogni olimpiade, il desiderio segreto dei runners di tutto il mondo e probabilmente anche di quelli che forse nemmeno corrono e che vedono nella maratona una sfida epica, un’esperienza da provare almeno una volta nella vita; insomma un sogno nel cassetto che per alcuni è diventato realtà, mentre per altri sarà l’obiettivo da raggiungere per i prossimi mesi o anni e per altri ancora rimarrà sempre e solo un bel sogno. Ma perché la maratona è così affascinante? Lo storico greco Erodoto e successivamente Plutarco, raccontando la guerra del 490 a.c. tra persiani e greci, scrivono che un emerodròmos di nome Filippide, terminata la battaglia della piana di Maratona, per annunciare la vittoria a sorpresa dei greci sui persiani, con indosso l’armatura da guerra, corse a piedi da Maratona ad Atene, 50 Km circa, tutti d’un fiato, evitando così che Atene fosse data alle fiamme per non lasciarla al nemico. Una volta giunto e comunicato il messaggio, la storia si conclude con la morte di Filippide a causa del grande sforzo. Il pensiero che all’epoca vi fossero dei soldati scelti (emerodromi – coloro che corrono per un giorno intero), addestrati a correre lunghe distanze per portare comunicazioni e dispacci, si racconta anche 100 Km su ogni tipo di terreno, con tempi di percorrenza attorno alle 8 ore, vicini a quelli dei migliori ultra maratoneti di oggi, è di per sé già molto avvincente. La grande storia, giunta a noi con un mix di leggenda e realtà, racconta che Filippide il giorno prima della sua ultima corsa prima di morire aveva già corso da Atene a Sparta, coprendo circa 250 Km, per portare il messaggio di richiesta d’aiuto agli spartani. Ma, ricevendo risposta negativa dagli spartani, si vide costretto a rientrare subito e velocemente ad Atene, senza riposare, così da poter avvisare in anticipo l’esercito ateniese, il quale avrebbe dovuto riorganizzarsi e combattere senza alleati. Filippide corse per un totale di circa 500 km in poco meno di 48 ore e per questo, dopo gli ultimi 50 km da Maratona ad Atene spirò, ma solo dopo aver pronunciato le sue ultime parole: “abbiamo vinto!”. Tutto questo sicuramente ha contribuito a far diventare questa storia leggendaria, l’ispirazione per la mitica gara della Maratona. Infatti nel 1896, anno della prima olimpiade moderna, svoltasi in Grecia, Michel Bréal e Pierre de Coubertin, in onore di Filippide e della battaglia di Maratona, fecero inserire una gara lunga circa 40 km, ovvero la distanza tra le città di Maratona ed Atene, chiamata appunto Maratona.

 

La distanza  

Ma perché oggi la lunghezza della maratona è di 42 km e 195 metri? Una misura a dir poco anomala. Ed ecco ancora una volta, un evento storico essere il responsabile per aver creato quella distanza che oggi tutti o quasi conoscono, ovvero i quarantadue chilometri e centonovantacinque metri della maratona. L’origine della misura, infatti, risale al 1908 durante la IV edizione delle Olimpiadi moderne di Londra. Il programma prevedeva la partenza della Maratona di fronte al castello di Windsor, mentre l’arrivo veniva posto all’interno dello stadio olimpico. Un percorso di 26 miglia, che sono circa 41.843 metri. Distanza che però non posizionava la linea d’arrivo di fronte al palco d’onore, dove avrebbero preso posto i reali d’Inghilterra. Quindi per permettere alla famiglia reale di poter applaudire l’arrivo degli atleti, direttamente sotto il loro palco, gli organizzatori, pensarono di aggiungere 385 iarde, ossia circa 352 metri. La distanza finale, risultò dunque di 42,195 km . Successivamente, dopo i giochi olimpici di Stoccolma ed Anversa, la Federazione mondiale di atletica, decise di omologare la distanza, decretando ufficialmente che la maratona per essere tale dovesse misurare 42 km e 195 metri. Ma ogni maratona racchiude storie all’interno di altre storie. Proprio come quella della maratona di Londra del 1908, che racconta del garzone di bottega di Correggio, Dorando Pietri, arrivato a Londra dalla provincia di Modena, in testa alla gara di Maratona con un vantaggio di 10 minuti sul gruppo, una volta entrato nello stadio olimpico, a pochi metri dal traguardo, con il pubblico in delirio, cade a terra sfinito. Dorando prova a risollevarsi, si trascina lamentandosi, prova a tutti i costi a rimettersi in piedi e tagliare il traguardo che è li a pochi metri, ma non riesce. Ecco quindi un addetto al percorso precipitarsi per aiutarlo, facendolo alzare e sostenendolo fino al nastro dell’arrivo. Dorando Pietri è primo, è la medaglia d’oro dei giochi di Londra. Ma la storia non finisce qui. Quell’aiuto, non consentito, gli costa la squalifica e l’esclusione dalla classifica. Per il pubblico Dorando Pietri rimane l’eroe dei giochi, quelle immagini dell’uomo che prova a tutti i costi a raggiungere il traguardo, commuovono tutto il mondo, il vincitore era lui. Per questo, la regina Alessandra d’Inghilterra lo volle a corte per consegnargli personalmente un lauto premio. 

 

Oggi la maratona

L’autunno e la primavera, alle nostre latitudini, sono i periodi delle grandi maratone. Ne accennavo all’inizio, la più ambita, la più discussa, la più partecipata, ovvero la maratona di New York, si corre infatti la prima domenica di novembre. Pensate che il numero dei partecipanti alla Nyc Marathon di quest’anno è stato di 51.394 atleti giunti al traguardo. Un evento unico, che ha visto nelle sue 46 edizioni ben 4 vittorie italiane, 2 di Orlando Pizzolato, 1 di Gianni Poli e l’ultima, nel 1996, di quell’uomo che, per ora, rimane l’ultimo ad aver sollevato le sue braccia con la pelle di colore “bianca”, al cielo. Quell’atleta pugliese, con indosso la maglia color cremisi delle Fiamme oro di Padova e l’indelebile scritta  POLIZIA. Il mitico Giacomo Leone. Da allora solo atleti di colore, prevalentemente provenienti dal continente africano, eccezion fatta per un brasiliano e un oriundo statunitense proveniente dall’Eritrea. Oggi Giacomo, che rimane uno dei leggendari vincitori della maratona della Grande mela, è un sovrintendente capo della Polizia di Stato in forza alla questura di Brindisi, che continua ad occuparsi di corsa con la carica di presidente regionale Puglia della Federazione italiana di atletica leggera.

Sono poche le città al mondo a non avere la propria maratona. Un momento dove anche le grandi metropoli si fermano, dando vita a eventi internazionali, multietnici, capaci di lanciare messaggi al mondo intero, che muovono persone da ogni continente, che aprono delle vere e proprie “vetrine” sui luoghi più belli delle grandi capitali o delle medie e piccole città e ancora di parchi nazionali o deserti incontaminati. Un grande business, che coinvolge sponsor, tour operator, pubbliche amministrazioni e tanti tanti soldi. Ma quanto costa iscriversi a una maratona? Non è facile, ma se si riesce ad aggiudicarsi un pettorale della Nyc Marathon, bisognerà sborsare circa 400 euro. Per Londra il prezzo si aggira invece attorno ai 110 euro. Per partecipare alla più grande maratona in Italia, ovvero la Maratona di Roma i costi variano dai 55 ai 100 euro a seconda del periodo d’iscrizione se più lontano o a ridosso della data dell’evento.

 

Come ci si prepara 

La maratona è una delle discipline sportive più studiate dai ricercatori. I programmi di allenamento sono mirati e complessi, personalizzati per ogni atleta a seconda delle sue caratteristiche. Riuscire a correre ininterrottamente per oltre 42 chilometri, richiede una preparazione seria. Ovviamente a seconda degli obbiettivi di ciascuno, l’allenamento sarà differente. Basti pensare che un’atleta professionista che prepara una maratona con obbiettivi attorno alle 2 ore e 10 minuti, corre mediamente attorno ai 200 chilometri settimanali, allenandosi tutti i giorni mattina e pomeriggio, il così detto bi-giornaliero. Per gli amatori è tutto un altro discorso. Occorrerà necessariamente allenarsi e bisognerà fare chilometri. Io suggerisco almeno 3 allenamenti a settimana, magari inserendone uno un po’ più impegnativo nel week end. Occorre avere una muscolatura forte, capace di sostenere il corpo, anche quando le gambe saranno stanche, quindi corsa in salita, palestra e potenziamento. Meno si pesa, meno fatica si farà, quindi occhio ai chili di troppo. Ogni tempo finale di maratona rimane comunque un grande tempo per chi lo ha impiegato per arrivare fino in fondo. Diciamo che eticamente, a prescindere dal crono, l’importante, anche se piano, è tagliare il traguardo. Ci possono essere alcuni piccoli tratti, magari in corrispondenza dei punti di ristoro, dove qualche passo di camminata può essere compiuto, però sarebbe bello poter dire alla fine “sono felice perché ho corso, e non camminato, una maratona”. 

Una volta tagliato il traguardo, la fatica, la spossatezza, i dolori muscolari e forse qualche vescica ai piedi, per qualche momento spariranno e saranno sostituiti dalla gioia di avere raggiunto un obiettivo non da poco. Credo che se non in tutti i maratoneti, comunque in molti, una volta aver realizzato di avere terminato la prova, subentri una sensazione di invincibilità, di grande fiducia in sé stessi, di rafforzamento dei propri ideali, di grande forza interiore. Probabilmente alcune sono le stesse sensazioni che provavano gli antichi emerodròmos greci, che forse ancora, osservando dall’alto i moderni maratoneti terminare la maratona, suggeriscono loro a un orecchio le ultime parole di Filippide “abbiamo vinto!”. ϖ

*allenatore Federazione italiana atletica leggera, tecnico Fiamme oro

05/12/2017