Loris Petrelli*

Bioindicatori “pelosi”

CONDIVIDI

Chiamate volgarmente “palle di Nettuno”, le egagropile che troviamo in abbondanza sulle nostre spiagge raccolgono tutto ciò che trovano in fondo al mare. Ed è soprattutto plastica

amb 12-17

Patate di mare, polpette di mare, palle di Nettuno, olive di mare. Più correttamente: “egagropile”, dal greco “capra” e “peli ammassati”. Stiamo parlando delle palline pelose che troviamo, a volte in abbondanza, su alcune spiagge, soprattutto dopo una mareggiata. 

La loro origine è da attribuire alla disgregazione dei rizomi e delle foglie della Posidonia oceanica, pianta acquatica endemica del mar Mediterraneo, e al movimento delle onde che consente ai frammenti di aggregarsi e di assumere una forma quasi sferica. La Posidonia è caratterizzata da lunghe foglie nastriformi riunite in fasci e cresce in vaste praterie, presenti fino a qualche decina di metri di profondità e tutelate come habitat prioritario dalla direttiva comunitaria 92/43. Processi naturali complessi (idrodinamicità, morfologia del fondale e altri) concorrono alla formazione e alla diffusione delle egagropile, così dopo ogni mareggiata si pone il problema su che cosa fare dei resti spiaggiati. Nelle aree interessate da turismo balneare solitamente si provvede alla loro rimozione, mentre se non ci sono motivazioni di carattere turistico ciò che viene depositato si lascia al processo naturale di decomposizione. La produzione di biomassa è molto elevata: un solo metro quadro di Posidonia può produrre circa 500 grammi di sostanza secca per anno. In Sardegna sono stati rimossi fino a 931 m³ di residui di Posidonia per km

...


Consultazione dell'intero articolo riservata agli abbonati

05/12/2017