a cura di Cristina Bonucchi* e Patrizia Torretta*
Safe Web (seconda parte)
Osservazione e azione per la protezione degli studenti in Rete
1. Gioco d’azzardo on line
1.1 Ludopatia tecnologica:
per una definizione
Lo sviluppo tecnologico ha interessato i giovani anche in riferimento alla più tradizionale delle attività tipiche dell’infanzia e dell’adolescenza: il gioco.
A partire dagli Anni ’90 le consolle di gioco, i siti sui quali assumere un’identità fiabesca, gli spazi web “casinò” per giocare con altri utenti si sono sviluppati in modo esponenziale, conquistando l’attenzione e il progressivo gradimento di giovani e giovanissimi.
Attualmente molte console di gioco (Wii, X-box, Nintendo DS, PS4, ecc.) consentono la navigazione in Internet, la comunicazione via chat, tutti servizi pensati per aumentare la partecipazione dei giocatori a “battaglie” globali oltre ogni confine geografico e linguistico. Sono inoltre presenti in Rete numerosi siti nazionali e internazionali sui quali è possibile effettuare giochi d’azzardo del tutto simili a quelli tipici di un casinò tradizionale, comodamente seduti sul proprio divano, con una carta di credito con cui poter fare le “puntate”.
La polizia postale ricorda
Nel nostro Paese esiste una legislazione aggiornata e stringente in merito ai rischi connessi con il gioco d’azzardo on line per i minorenni: in sintesi ogni forma di gioco d’azzardo che preveda vincite in soldi è assolutamente vietata ai minori. Nel dettaglio, secondo la legge n. 111/2011 è fatto espresso divieto di far partecipare ai giochi pubblici con vincita in denaro i minori di 18 anni, anche se questi giochi sono on line.
Secondo la norma inoltre, le sanzioni a carico dei gestori di Bingo o sale da gioco che consentano l’ingresso e il gioco a minorenni, sono inasprite nel caso di commissione di tre violazioni nell’arco di tre anni con un aumento di quelle di natura pecuniaria e con la sospensione dell’esercizio o la revoca della licenza.
La possibilità di gestire siti italiani dove giocare on line è concessa, secondo la legge n. 289 del 2002, in via esclusiva a chi, con i suoi servizi, soddisfa specifici requisiti ed è comunque sempre interdetto a persone minorenni anche il gioco on line. La polizia postale effettua un monitoraggio costante della Rete e, su indicazione del Monopolio dello Stato, effettua verifiche, emette provvedimenti amministrativi nei confronti dei siti che non rispettano i requisiti necessari per l’autorizzazione a effettuare giochi on line. Non si esclude tuttavia la possibilità che giovani internauti interessati possano accedere a siti esteri di gioco on line: in molti di essi l’accesso è subordinato a una dichiarazione spontanea di aver raggiunto la maggiore età. Non è inusuale che i ragazzi mentano dichiarandosi maggiorenni e avendo quindi accesso al sito e ai giochi che su esso sono utilizzabili. Il principio di territorialità del diritto impedisce alla Polizia di Stato italiana di ingiungere, a un sito estero, di inibire la navigazione a un minorenne, ponendolo al sicuro dal rischio di dilapidare fortune e di incorrere in una patologia di dipendenza dal gioco.
Per tali ostacoli giuridici è importante vigilare anche su questi aspetti e non esitare a segnalare il rischio che si presume stia correndo uno studente parlandone con la famiglia, in modo che insieme si possa valutare la situazione.
Secondo quanto previsto, inoltre, dal cosiddetto Decreto Balduzzi (poi legge n. 189/2012), annualmente viene stilato un Piano d’azione nazionale per la prevenzione e la lotta alla ludopatia che ricomprende anche azioni di sensibilizzazione e informazione per i ragazzi, organizzate a scuola, sui temi del gioco responsabile.
La polizia postale consiglia
La dipendenza dal gioco d’azzardo è una realtà che più frequentemente affligge gli adulti ma che può verificarsi anche fra i ragazzi. La stringente normativa italiana improntata a una forte tutela delle fragilità adolescenziali potrebbe tuttavia essere in parte vanificata in tutti quei casi in cui i gestori dei siti siano allocati all’estero, nei casi in cui i ragazzi abbiano una certa abitudine a utilizzare il cellulare nella piena libertà e ogni qualvolta, magari fra i gruppi, sia di moda frequentare certe piattaforme on line.
I ragazzi spesso si vantano delle loro vincite, di esperienze che li fanno sentire adulti e non è infrequente che possano girare voci tra gli studenti in merito a giochi on line, vincite o perdite in denaro. Tali voci non devono essere sottovalutate, considerando il pericolo che è insito in questo tipo di comportamenti, soprattutto quando vengono messi in atto al di fuori del controllo degli adulti. Potrà essere utile parlare direttamente con il ragazzo che sembra essere coinvolto e informare tempestivamente la famiglia della situazione di rischio eventuale prima che possa ingenerarsi una dipendenza dal gioco e/o spese eccessive legate al gioco on line. Si ricordi comunque che ogni forma di gioco, anche via Internet, è vietato ai minori e che quindi, in qualità di insegnanti è possibile riferire alla famiglia e al dirigente scolastico qualsiasi situazione che comporti eventuali rischi per i minori con i quali si intrattengono rapporti professionali.
2. Cyberbullismo
2.1 La prepotenza ai tempi di internet: per una definizione
Il cyberbullismo è un fenomeno recente nel quale minori utilizzano i nuovi media per veicolare o mettere in atto azioni vessatorie, persecutorie, lesive della dignità di coetanei.
La nuova legge n. 71 del 2017 recante “disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, approvata alla Camera del deputati il 17 maggio 2017, arriva a proporre una definizione univoca del fenomeno, declinando nei suoi articoli, quanto può essere definito cyberbullismo, quali azioni una vittima possa intraprendere, anche in assenza di reati commessi in suo danno, e quale impegno il mondo degli adulti “significativi” per i ragazzi, scuola, associazioni, forze di polizia in primis, possa intraprendere per aiutarli a fronteggiare questo fenomeno.
La dimestichezza delle nuove generazioni con la tecnologia, nonché la facilità con cui è possibile realizzare e perpetrare prepotenze informatiche (click del mouse, touch sul display) rende difficile per i giovani comprendere a pieno il potenziale lesivo delle loro azioni “virtuali” e la concreta drammaticità delle conseguenze per le vittime (c.d. effetto della tecnomediazione). Lo schermo del computer o il display dello smartphone si frappongono fisicamente e psicologicamente tra la sofferenza della vittima e l’autore della prepotenza, impedendo la piena comprensione di quanto doloroso sia quello che subisce la vittima. Secondo alcuni dati Censis (49° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, 2015) i giovani che usano Internet sono il 91,9%, si informano principalmente sulla Rete, il 77,4% dei giovani under 30 è iscritto a Facebook, il 72,5% tra i giovani è iscritto a Youtube.
Questa massiccia diffusione dei nuovi media e dei social network tra i giovani, di fatto, costituisce un’opportunità sempre più precocemente concessa, senza un adeguato controllo da parte dei genitori, spesso meno competenti dei figli da un punto di vista informatico. Gli studiosi non sono concordi nel fornire una definizione sociale univoca del fenomeno e il carattere stesso di estrema dinamicità dello sviluppo tecnologico contribuisce a modificare le modalità con cui il cyberbullismo si manifesta, introducendo modi sempre nuovi di perpetrare prepotenze e vessazioni virtuali.
I dati della polizia postale hanno evidenziato come, nella quasi totalità dei casi arrivati all’attenzione della Specialità, vittime e cyberbulli si conoscono nella vita reale poiché condividono la realtà scolastica, sportiva o ricreativa in genere.
Questo elemento induce a considerare determinanti i prodromi di antipatie, rivalità, ostilità verbali che potrebbero manifestarsi anche in classe, fra studenti.
Occorre trovare da subito un modo di affrontare le conflittualità che si manifestano in ambito e in orario scolastico. La tempestività di questi interventi di mediazione può essere un elemento determinante in ordine al particolare fenomeno di cui parliamo: moltissimi ragazzi, già a partire dai 10, 11 anni, hanno un’intensa vita virtuale che prevede l’uso di profili social (Facebook, Instagram, Ask.fm, Twitter, ecc), messaggistica istantanea (Whatsapp, Snapchat, Kik, ecc), sistemi di videochiamata (Facetime, Skype,ecc), servizi di videosharing (Youtube, Musically, ecc), soprattutto nel tempo libero. La velocità delle comunicazioni via Web, la forte impulsività nonché l’instabilità emotiva tipiche della preadolescenza e dell’adolescenza possono condurre all’esacerbazione di “normali” antipatie nel giro di poche ore, trasformando episodi insignificanti di conflitto in vere e proprie emergenze mediatiche.
La sensibilità e la capacità di osservazione degli insegnanti possono essere l’elemento protettivo più forte e immediato, determinante per evitare l’aggravamento di situazioni di rischio che si amplificano grazie al Web. Per una definizione delle azioni più tipiche del cyberbullismo, così come descritte negli studi sociali di settore, possiamo riferirci allo schema di seguito riportato (Willard, 2016):
Flaming: messaggi violenti e volgari che mirano a suscitare contrasti e battaglie verbali negli spazi web.
Harassment (molestie): l’invio ripetuto di messaggi offensivi e sgradevoli.
Denigration (denigrazione): insultare o diffamare qualcuno online attraverso dicerie, pettegolezzi e menzogne, solitamente di tipo offensivo e crudele, volte a danneggiare la reputazione di una persona e i suoi rapporti.
Impersonation (furto d’identità): in questo caso l’aggressore ottiene le informazioni personali e i dati di accesso (nick, password, ecc.) di un account della vittima, con lo scopo di prenderne possesso e danneggiarne la reputazione.
Outing and Trickering: diffondere on line i segreti di qualcuno, informazioni scomode o immagini personali; spingere una persona, attraverso l’inganno, a rivelare informazioni imbarazzanti e riservate per renderle poi pubbliche in Rete.
Exclusion (esclusione): escludere intenzionalmente qualcuno/a da un gruppo on line (chat, liste di amici, forum tematici, ecc.).
Cyberstalking: invio ripetuto di messaggi intimidatori contenenti minacce e offese.
In generale gli studiosi indicano come tipico del cyberbullismo un’interazione tra coetanei che preveda (Smith et al. 2006):
la reiterazione di azioni tecnologiche di aggressione, dileggio, diffamazione, violenza verbale ecc.;
l’intenzionalità di ferire e ledere l’altro attraverso le azioni tecnologiche;
l’asimmetria di potere tra il cyberbullo, più capace da un punto di vista informatico, più popolare sui social, più seguito sul Web rispetto alla vittima che non sa come difendersi.
La nuova legge n. 71 del 2017 sembra includere molti degli aspetti più significativi indicati dal mondo scientifico, definendo il cyberbullismo come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi a oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.
2.2 LE IMMAGINI “PRIVATE”
DIFFUSE IN RETE
I ragazzi affidano spesso al Web i primi approcci amorosi, le esplorazioni sessuali, secondo un’evoluzione del costume di socializzazione