Paolo Borrometi*
La tavola sparecchiata
La filiera del mercato ortofrutticolo di Vittoria, nel ragusano, è stata strappata dalle mani della Stidda come dimostrano gli ultimi arresti eccellenti della Polizia di Stato
«A Vittoria non c’è bisogno che i clan facciano estorsioni, sono gli imprenditori che cercano i clan per pagare e mettersi “in regola”e non al contrario». A parlare è un collaboratore di giustizia, Rosario Avila, già condannato per mafia e molto “addentro” alle cosche locali, in quanto compagno della figlia di Giambattista Ventura, reggente del clan “Carbonaro-Dominante”.
Ci troviamo nella ex “provincia babba”, Ragusa, luogo in cui per convinzione generale si era immuni dalla criminalità organizzata. Proprio la convinzione dell’essere “immuni”, insieme alla forza economica locale l’ha fatta diventare un territorio di investimenti mafiosi. Per comprendere basterebbe citare alcuni dati della Banca d’Italia, secondo cui la provincia di Ragusa gode del privilegio di poter contare su uno sportello bancario ogni duemila persone compresi i bambini per l’esattezza 2.040 (dato ancora più forte se paragonata a Palermo con uno sportello ogni 2.827 abitanti).
Da qui, da questo splendido lembo di terra, vengono immesse nella filiera nazionale frutta e verdura che poi arrivano sulle nostre tavole, tramite l’“asse dell’ortofrutta”: Milano, Fondi (in provincia di Latina) e, appunto, Vittoria , nel ragusano. Da questa “triangolazione” arriva un pomodoro ciliegino, una melanzana o un frutto, sulla tavola di un milanese, di un veneto, di un romano. Indistintamente. Provengono dal lavoro e dal sudore della fronte di imprenditori e di braccianti agricoli che, per la stragrande maggioranza, sono onesti lavoratori, ma la contaminazione mafiosa inizia dalla base, subito dopo la raccolta (a volte anche durante, con il famoso fenomeno del caporalato). Ecco allora che la filiera del Mercato di Vittoria (il più grande del Sud Italia) rappresenta un settore complesso e composito. Non la mera vendita, molto di più. Dal produttore ai padroncini, ai commissionari, ai famosi “posteggianti”, ai concessionari, sino a coloro che confezionano gli imballaggi, le cassette e gli angolari (paraspigoli per imballaggi). Per non parlare dei trasporti, gestiti dai Casalesi. Le mafie fanno “squadra”, hanno compreso che c’è un “pezzo di torta per tutti” e che farsi la guerra non conviene. Stidda e Cosa Nostra si dividono gli affari della filiera locale, la ’Ndrangheta (da ricordare l’omicidio a Vittoria di Michele Brandimarte boss ’ndranghetista, ucciso due anni fa in pieno centro con sette colpi di pistola) gestisce la cocaina imbarcandola, spesso, sui trasporti gestiti dalla Camorra con i Casalesi (al riguardo giova ricordare il processo La Paganese del 2014, con la condanna di Gaetano Riina – fratello del capo dei capi, Totò – e per i Casalesi).
Di contro, l’attenzione delle istituzioni per questo territorio è stata a “ondate”: si è passati dal negazionismo o, ancor peggio, dal riduzionismo, fino a quando, a seguito della strage di San Basilio (2 gennaio 1999), si sono accesi i riflettori e la recente operazione di polizia, per delega della Direzione distrettuale antimafia di Catania, ha permesso di sgominare il clan Carbonaro-Dominante, ovvero i survivors, i sopravvissuti (come sono stati definiti nel nome dell’operazione). Le redini di tale clan – sempre strettamente legato alla Stidda gelese – negli anni sono arrivate a Filippo Ventura, il quale venne associato negli Anni ’90 insieme ai fratelli Giambattista (detto Titta u marmararu) e Gino. Filippo, boss sanguinario, prima di essere arrestato lo scorso 13 settembre, era ritornato in libertà da cinque mesi. Durante la sua detenzione, per lunga parte al 41bis, a reggere le redini del clan è stato il fratello Giambattista (anche lui arrestato pochi giorni fa). Insieme a loro, in un sistema di potere basato sulla forza d’intimidazione di veri e propri arsenali di armi ritrovati nel 2016 dalla polizia, decine di affiliati. Ultimamente, però, come avevamo denunciato nelle inchieste giornalistiche degli ultimi anni che ci sono costate svariate minacce di morte, erano gli imprenditori stessi che cercavano di “mettersi in regola”, contattando gli uomini del clan. Un clan che era diventato anche “imprenditore”, imponendo i servizi di produzione e commercializzazione di cassette, bancali e vaschette in plastica per prodotti ortofrutticoli (nuova frontiera delle estorsioni) grazie alla Linea Pack, un’attività commerciale – sequestrata – fra le più importanti della filiera del Mercato di Vittoria, che faceva capo ai Ventura, ma che era fittiziamente intestata a Enzo Giliberto e al figlio Francesco, parenti della “famiglia”, anch’essi arrestati il 15 settembre. Oltre ai già citati fratelli Ventura, fra gli arrestati nell’operazione antimafia ci sono i figli di costoro, ovvero Angelo (detto u checco) e Angelo (detto Elvis), nonché altri dieci affiliati.
Il ritorno dei pentiti e l’affare della plastica
La situazione criminale a Vittoria rimane particolarmente complessa, ad iniziare da quello che potrebbe definirsi come il “clan dei pentiti”. Storici affiliati al clan, poi divenuti negli Anni ’90 collaboratori di giustizia, e dall’anno scorso ritornati sul “campo” di battaglia. Due su tutti: Claudio Carbonaro e Roberto Di Martino (con il fratello Claudio) detto cuzzulari. I due, insieme ad altri, sono ritornati a delinquere, spartendosi affari redditizi come la gestione della plastica. In una realtà dove le serre per le coltivazioni sono in numero così imponente da non potersi quantificare con precisione, la sostituzione dei teloni di plastica (che va effettuato almeno annualmente) diventa un affare milionario. La plastica impiegata in agricoltura, essendo impregnata di fertilizzanti, fitofarmaci e pesticidi, è considerata rifiuto speciale altamente tossico e, pertanto, il suo smaltimento deve essere eseguito in impianti specifici. Tale circuito economico attrae la criminalità sotto vari aspetti potenzialmente utili sia per il riciclaggio di proventi illeciti attraverso l’offerta competitiva in fase di acquisto, sia per il lucroso guadagno nella fase di vendita senza sopportare i previsti costi di smaltimento e recupero. In questo settore troviamo da un lato il “clan dei pentiti”, con Claudio Carbonaro in testa che, con l’aiuto dei gelesi Nino e Crocifisso Minardi, ha fatto visita a molti imprenditori “offrendo” i loro servizi e “raccomandandosi” di accettarli. Dall’altro l’azienda dei Donzelli (su tutti il capofamiglia Giovanni, già condannato per mafia) che, con la Sidi Srl, dominano il mercato, nonostante la loro azienda sia già stata sequestrata per disastro ambientale dalla Procura di Ragusa.
Il mercato di Vittoria: le società di servizi e di trasporto
Nella filiera del mercato ortofrutticolo di Vittoria, altri “calibri da novanta”, già coinvolti in passato in affari criminali si sono reinventati come imprenditori, con imprese di servizi. Su tutti Emanuele (detto Elio) Greco con la Vittoria Pack srl, intestata alla moglie Concetta Salerno, che si occupa di realizzazione di vaschette in pet, cassette in plastica, angolari in carta e angolari in pvc. La Vittoria Pack ha ricevuto, dopo una nostra inchiesta-denuncia, l’interdittiva antimafia, ma l’azienda continua a operare. Altre società di servizi sono riconducibili a Giombattista Puccio (detto Titta u Ballarinu), con la MP Trade Srl, Vincenzo Di Pietro (detto Enzo u mastru) e Pino Gueli, con la PackArt intestata al figlio. Come abbiamo visto, ormai le mafie fanno “squadra” e non si fanno la guerra. E in questo “patto di ferro” i casalesi la fanno da padrone nel settore dei trasporti. La bontà di questa tesi trova riscontro nella Sud Express di Matteo Di Martino (detto Salvatore), società coinvolta pochi mesi fa in un’operazione della Dda che ha portato all’arresto del titolare e di Pietro Di Pietro. “All’interno del mercato e fra tutti gli operatori – si leggeva nel decreto del Gip – vi era l’unanime consapevolezza del dover pagare”.
La violenza e la minaccia con cui gli autotrasportatori venivano costretti a pagare la somma per potere caricare/scaricare la merce non aveva luogo con esplicite intimidazioni, ma con riferimento alla criminalità organizzata che stava dietro proprio alla Sud Express. Col rifiuto di pagare, le operazioni di carico sarebbero state di molto ritardate (e di conseguenza il viaggio) e sarebbe stata loro consegnata merce scadente. Esattamente gli stessi sistemi ritorsivi utilizzati da altre società di trasporti che, da Napoli, gestiscono i trasferimenti su gomma della merce. Le somme di denaro “imposte” oscillano tra le 50mila e le 100mila euro euro.
La politica e il voto di scambio
La politica a Vittoria non è immune dal condizionamento mafioso dei clan. Nel corso delle ultime elezioni amministrative (giugno 2016) denunciammo, con alcune inchieste, il coinvolgimento dei clan. Come quando, l’allora reggente Giambattista Ventura, con un post pubblico su Facebook, intimò di candidare al consiglio comunale un candidato piuttosto che un altro. In questo scenario, alla vigilia del ballottaggio del 19 giugno del 2016, vennero effettuate diverse perquisizioni nei comitati elettorali dei candidati a sindaco, contestualmente vennero notificati ben nove avvisi di garanzia per scambio elettorale politico mafioso (416 ter cp), sfociati in questi giorni nell’arresto del sindaco uscente Giuseppe Nicosia, di suo fratello Fabio, consigliere comunale e dei già condannati Giovambattista Puccio e Venerando Lauretta, oltre a Raffaele Giunta e Raffaele Di Pietro. Sempre in queste indagini, l’attuale primo cittadino Giovanni Moscato è accusato di corruzione elettorale. Tutto questo nella ex Provincia “babba”. ϖ
*giornalista dell’Agi
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Operazione Survivors: “Liberato” il Mercato di Vittoria
A Vittoria, in provincia di Ragusa, sono le 3 di mattina del 15 settembre 2017; dopo giorni e giorni di pazienti appostamenti, di intercettazioni telefoniche e ambientali, di attenta osservazione di abitudini e di spostamenti, ma anche di scrupoloso studio di mappe della zona e delle piantine degli appartamenti interessati dall’inchiesta, tutto è pronto per l’operazione Survivors sul controllo del Mercato ortofrutticolo da parte della Stidda, la mafia ragusana. Nessun dettaglio è stato trascurato e anche lo spiegamento di uomini e mezzi è davvero impressionante: l’operazione, condotta dagli uomini della Squadra mobile di Ragusa diretta da Antonino Ciavola, può contare infatti sull’appoggio dei vari Uffici della questura, delle Squadre cinofile di Catania e Palermo, del Reparto prevenzione crimine della Sicilia orientale di Catania e del Reparto volo di Palermo. Simultanaemente, in diverse zone della città, oltre 100 poliziotti divisi in diversi team fanno scattare il maxi blitz che si conclude con la cattura di 15 affiliati alla Stidda e il sequestro di un vero e proprio arsenale di armi. «L’operazione Survivors, cioè Sopravvissuti – racconta il comandante Antonino Ciavola – nasce nel 2009 dopo l’arresto degli “stiddari” Giuseppe Doilo e Vincenzo Latino e prende il nome dalla capacità dimostrata dai capi mafia di riorganizzarsi continuamente, nonostante i colpi subiti dall’attività giudiziaria della Polizia di Stato. Una rigenerazione “benedetta” dal boss Filippo Ventura che dal carcere ha continuato a tenere le fila della Stidda ragusana». Un’inchiesta, quella sul controllo mafioso del Mercato di Vittorla, lunga e complessa terminata nel 2012 con una serie di arresti e poi riaperta nel 2015 grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Rosario Avila: «La collaborazione di Avila ha avuto il merito di riaccendere i riflettori su una fattispecie di reati – continua il comandante Ciavola – che si pensava ormai stroncata e che invece, agendo senza suscitare clamori, aveva ripreso forza e pericolosità. Con gli arresti di questi giorni, che hanno inferto un colpo durissimo alla Stidda ragusana, abbiamo finalmente chiuso questa lunghissima indagine». Un’indagine che ha portato alla luce gli interessi economici mafiosi che ruotano intorno al Mercato ortofrutticolo di Vittoria, e che anzi si estendono a tutta la filiera. Quella del Mercato è una risorsa enorme che, in ogni singola fase lavorativa, fa gola alle organizzazioni criminali: dalla produzione all’ imballaggio, trasporto, vendita e spedizione di frutta e ortaggi in ogni angolo del nostro Paese e perfino all’estero. Proprio perché si tratta di un’ importantissima risorsa del territorio di Vittoria è fondamentale difenderla dall’attaco della mafia e lasciarla in mano a imprenditori onesti. Da questo punto di vista l’impegno della Polizia di Stato ha permesso, oltre che a sgominare l’intera organizzazione criminale che controllava il Mercato, di sequestrare numerose serre in cui venivano coltivati pomodori, oltre 150mila euro e un’azienda, la Linea Pack, che si occupava di imballaggi. «Il colpo inferto con gli arresti dell’operazione Survivors è stato durissimo – sottoliena Ciavola – ma come abbiamo visto, già in passato la Stidda ha dimostrato una particolare capacità di “rigenerasi” e allora non bisogna mai abbassare la guardia. Da questo punto di vista il merito va riconosciuto anche al lavoro di inchiesta di quei giornalisti della provincia ragusana, in particolar modo di Paolo Borrometi che con coraggio ha denunciato pubblicamente e continuamente la presenza e gli affari sporchi della criminalità organizzata, mafiosa e no. Un’azione di denuncia che ha perfino permesso a noi investigatori di poter acquisire ulteriori fonti di prova».
Anacleto Flori