a cura di Cristina Bonucchi* e Patrizia Torretta*

Safe Web

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Osservazione e azione per la protezione degli studenti in Rete

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Premessa

Il compendio Safe Web nasce da un percorso di riflessione e sintesi dei principali rischi che attualmente i giovani affrontano nel loro rapporto quotidiano con le nuove tecnologie. 

La Polizia di Stato approccia queste criticità attraverso un’opera quotidiana di accoglienza, ascolto e comunicazione sui temi della sicurezza in Rete. Attraverso azioni di sensibilizzazione e informazione, con l’ascolto diretto dei ragazzi e delle loro famiglie quando si trovano in difficoltà, la Polizia di Stato, attraverso una delle sue Specialità, la polizia postale e delle comunicazioni, pattuglia il Web e contribuisce a rendere concreto l’impegno di rendere Internet un posto sicuro e legale per tutti.

Negli anni appare sempre più chiaro che per resistere ai pericoli connessi all’uso delle nuove tecnologie è necessario, non solo aumentare le strategie di auto-protezione delle potenziali vittime, ma anche agire nella direzione di un progressivo potenziamento delle sinergie fra adulti.

Il compendio Safe Web è stato validato scientificamente dal Centro studi per la Formazione, analisi criminologica e la ricerca sul Web (Far Web), diretto dal prefetto Roberto Sgalla, direttore centrale della polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato e presieduto dalla professoressa Anna Maria Giannini, con la partecipazione di eminenti accademici di ambito psicosociale e giuridico. 

Il compendio Safe Web si propone l’obiettivo di porsi come uno strumento duttile e utile ad aiutare il mondo della scuola e i suoi principali attori a orientarsi nella gestione concreta dei casi di rischio on line: la complessità di fenomeni come il cyberbullismo, il sexting e l’adescamento on line viene amplificata da un panorama legislativo in divenire che impone un continuo adeguamento, da uno sviluppo della tecnologia che appare sempre più rapido e dal carattere imprevedibile che le inquietudini adolescenziali possono assumere in una società, quella attuale, non priva di criticità anche a livello sociale.

Il compendio Safe Web è stato costruito a partire da importanti riflessioni emerse l’indomani della realizzazione nel 2016 del 1° Corso per formatori sui temi della sicurezza in ferrovia, sulla strada e su Internet realizzato dalla Direzione centrale per le Specialità della Polizia di Stato per insegnanti dell’Ufficio scolastico regionale per il Lazio, allo scopo di condividere informazioni utili per una sempre più efficace protezione dei ragazzi da tutti i tipi di rischi, da quelli tradizionali legati alla strada, sino a quelli attuali rappresentati dal mondo virtuale. 

Il 49° rapporto Censis sulla situazione del Paese, già nel 2015 aveva menzionato un’esigenza espressa dai dirigenti scolastici di avere maggiori dettagli su come gestire concretamente i casi di rischio on line per gli studenti a scuola (http://www.censis.it/10?shadow_ricerca=121041).

L’approvazione della legge n. 71 del 29 maggio del 2017 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” apre inoltre la strada a un’organizzazione sistemica delle azioni preventive e repressive di fenomeni complessi, borderline con la devianza minorile, come il cyberbullismo. In accordo con quanto previsto dalla nuova legge contro il cyberbullismo, il compendio Safe Web offre una panoramica dei principali fronti di rischio attuale per i minori, così come appare all’occhio della polizia postale e delle comunicazioni, scegliendo di affrontare, nell’eterogeneo mondo di opportunità d’uso delle nuove tecnologie da parte dei giovani, quei fenomeni che possono, con maggiore probabilità, manifestarsi a scuola, tra gli studenti, sotto lo sguardo degli insegnanti. La polizia postale ha condotto sin dal 2010 percorsi progettuali cofinanziati dalla Commissione europea, frutto di importanti partenariati interistituzionali, condivisi con Ong internazionali e nazionali attive nella protezione dei minori (Save the Children, Cismai , Telefono Azzurro, ecc), con l’obiettivo di aumentare la sua capacità di lettura e di risposta ai nuovi fronti di rischio per i ragazzi on line, mantenendo alta la consapevolezza delle specifiche fragilità di bambini e adolescenti (https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/fuori-dalla-rete).

L’impegno profuso per la tutela dei minori in Rete rappresenta per la polizia postale e delle comunicazioni un obiettivo prioritario che ha nelle sinergie interistituzionali uno dei presupposti metodologici irrinunciabili: la partecipazione della Specialità sin dagli esordi dei lavori del Safer Internet Center Italy (SIC) coordinato dal Miur, quale punto di riferimento nazionale ed europeo per le politiche di sensibilizzazione e prevenzione dei rischi di Internet per i minori, ha avviato e di fatto consolidato, attraverso un protocollo di collaborazione, una sinergia interistituzionale necessaria e positivamente strategica, con il fine condiviso di innalzare sempre di più i livelli di protezione dei minori sul Web.

L’insieme di questi elementi e la crescente esigenza di rafforzare le sinergie di protezione dei minori su Internet hanno condotto a immaginare quali destinatari elettivi di questo compendio gli insegnanti, gli animatori digitali e i nuovi referenti a livello scolastico sul tema del cyberbullismo previsti dalla legge n. 71 del 2017 (art. 4 comma 3).

Gli uni e gli altri sono oggi chiamati dalle specifiche della loro determinante funzione educativa, tradizionale quella degli insegnanti e più nuova quella degli animatori digitali e dei referenti per il cyberbullismo, a ricoprire un ruolo strategico nella gestione quotidiana delle complessità del rischio on line dei loro studenti, spesso così capaci da un punto di vista digitale eppure così fragili da un punto di vista emotivo.

Questa breve pubblicazione nasce come uno strumento che può rendere più chiaro, anche ai genitori, quale sia il ruolo che la scuola può svolgere quotidianamente, in sinergia con altre istituzioni, in relazione a un rischio così multiforme e difficile da decifrare per un mondo adulto “immigrato digitale”.

Si tratta di un compendio “aperto” poiché si compirebbe un errore nel ritenere di avere oggi tutte le risposte utili alla protezione dai rischi per i minori on line: ogni nuovo servizio di Internet, ogni nuova app, ogni supporto informatico che si afferma tra i giovani apre infinite prospettive di progresso e nuovi fronti di rischio concreto per i giovani internauti.

Si tratta di un documento aperto a cui sarà possibile proporre aggiornamenti e riflessioni aggiuntive ogni qualvolta apparirà necessario, in ordine a quanto accade nel mondo della tecnologia e dei giovani.

Protezione reale dai rischi virtuali
L’attrazione tra giovani e nuove tecnologie è oramai inarrestabile: lo sviluppo di smartphone e tablet sempre più facili da usare ha condotto a un recente aumento esponenziale del numero dei ragazzi connessi a Internet, 24 ore su 24, ovunque si trovino.

Lo sviluppo così rapido della tecnologia, la sua progressiva portabilità a buon mercato, l’impulso a essere sempre più connected e social ha condotto tutta la società civile a misurarsi con temi e problematiche di incredibile dinamismo e complessità: il cyberbullismo, l’adescamento on line sono solo alcuni esempi dei livelli di criticità che possono assumere le interazioni tra giovani e Internet.

Il lavoro quotidiano di pattugliamento del Web, la gestione concreta dei casi penalmente rilevanti, l’impegno capillare nelle campagne di sensibilizzazione svolte dalla polizia postale e delle comunicazioni su tutto il territorio nazionale hanno consentito negli anni la costruzione di knowhow pratico utile, non solo alle attività di repressione, ma importante anche per le attività di prevenzione e protezione delle potenziali vittime. 

Con questo compendio si sintetizza quanto è stato osservato nella gestione concreta dei casi, ascoltato dalla viva voce dei 500mila giovani studenti incontrati nelle scuole durante gli incontri di sensibilizzazione della campagna informativa Una vita da social, che può essere utile a promuovere una maggiore consapevolezza di cosa si rischia on line a scuola e aiutare gli animatori digitali e gli insegnanti a orientarsi per la gestione concreta dei casi problematici e difficili.

1. Schede giuridiche

1.1 La qualifica di pubblico ufficiale attribuita agli insegnanti

Agli insegnanti della scuola statale e di quella paritaria è riconosciuta, secondo quanto specificato in numerose sentenze della Cassazione penale, “la qualità di pubblico ufficiale”, in quanto essi esercitano una funzione disciplinata da norme di diritto pubblico, caratterizzata dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione e dal suo svolgersi attraverso atti autoritativi e certificativi (art. 357 cp).

L’insegnante di scuola è quindi un pubblico ufficiale a tutti gli effetti e l’esercizio delle sue funzioni non è circoscritto alla sola tenuta delle lezioni, ma si estende alle attività preparatorie, contestuali e successive alle lezioni stesse, potendosi estendere anche a tutte le attività che comprendano contatto e interazione con i ragazzi e le loro famiglie (es. colloqui, riunioni, assemblee, ecc).

Lo svolgimento delle lezioni può quindi essere inteso come espressione della volontà educativa della pubblica amministrazione, così come l’attribuzione di voti, quale esito dell’attività valutativa dell’insegnante, diviene espressione del potere certificativo dell’insegnante che manifesta così una delle attribuzioni proprie dell’essere un pubblico ufficiale.

Per quanto riguarda i collaboratori scolastici, la Corte di cassazione, ha riconosciuto loro la qualifica di incaricato di un pubblico servizio (art. 358 cp) “ in ragione dello svolgimento della funzione di vigilanza sugli alunni, oltre che di custodia e di pulizia dei locali, può dirsi collaboratore alla pubblica funzione spettante alla scuola”.

Secondo quanto previsto dall’art. 347 cpp, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio, durante lo svolgimento del loro servizio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia chiaro chi sia la persona che ha commesso il reato.

Se però il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio ha notizia di un reato in situazioni differenti da quelle di servizio, l’obbligo cessa e al suo posto sorge la facoltà di denunciare propria di qualsiasi altro cittadino. La notizia di reato potrebbe essere acquisita anche in modo indiretto, cioè derivata da dichiarazioni di altri soggetti o da documenti, immagini, video o altri tipi di testimonianze indirette.

Ciò che conta è la conoscenza di un fatto accaduto che, secondo una valutazione approssimativa, abbia o possa aver determinato la commissione di un reato.

L’insegnante, pur in qualità di pubblico ufficiale, non è tenuto a valutare l’effettiva illegalità di una condotta né è necessario che verifichi la veridicità di quanto gli è stato riferito. La definizione di questi elementi importanti verrà demandata in via esclusiva all’autorità giudiziaria che assumerà il controllo delle attività investigative necessarie, qualora lo ritenesse utile. 

I reati che vengono definiti perseguibili d’ufficio sono quei reati che, per il loro carattere di estrema gravità e offensività, vengono considerati perseguibili a prescindere dalla volontà di denunciarli da parte delle persone offese.

L’obbligo di denuncia di reato è previsto nel caso in cui un minore sia vittima, ma anche qualora sia autore di reato. L’omissione o il ritardo della denuncia potrebbe configurare il reato di cui all’art. 361 del codice penale “omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale”.

Il dirigente dell’Istituto scolastico statale o paritario, è tenuto senza indugio a denunciare all’autorità giudiziaria competente i reati procedibili d’ufficio commessi dagli studenti o a danno di questi di cui egli sia venuto a conoscenza in ragione del ruolo ricoperto all’interno della comunità scolastica.

Il dirigente scolastico potrà essere informato in forma scritta dall’insegnante che è venuto a conoscenza di fatti rilevanti e provvederà a effettuare una denuncia in forma scritta, anche nell’ipotesi in cui sia diretta contro ignoti.

Nella denuncia potranno essere esposti i fatti in maniera chiara e completa, senza necessità di effettuare valutazioni sull’attendibilità del fatto. Pur non essendo previsto un termine per l’inoltro della denuncia, la stessa dovrebbe essere effettuata il prima possibile, per non pregiudicare l’accertamento del fatto da parte della competente autorità giudiziaria. 

La tempestività con cui vengono riferiti fatti penalmente rilevanti o presunti tali che riguardano l’uso delle nuove tecnologie è elemento determinante in ordine alla specifica volatilità della prova informatica. 

I tempi di conservazione dei dati possono essere molto diversi a seconda del servizio di Internet che si considera. Le norme di riferimento circa l’obbligo e le modalità di formalizzazione della denuncia sono contenute nel codice di procedura penale agli artt. 331 e 332.

La denuncia potrà essere indirizzata alla procura della Repubblica competente, e quindi nel dettaglio:

alla procura della Repubblica presso il tribunale del luogo dove è avvenuto il reato, se indiziato del reato è un maggiorenne;

alla procura della Repubblica per i minorenni se indiziato è un minore;

a un ufficiale di polizia giudiziaria (carabinieri, polizia, guardia di finanza, vigili urbani, ecc.)

La denuncia può essere inoltrata anche nell’ipotesi in cui il presunto autore del reato sia minore di anni 14, anche se non è formalmente imputabile poiché spetta al tribunale dei minori la competenza di valutare gli interventi eventuali e necessari.

Esiste una possibilità, come testimoniato da diverse pronunce della Corte di cassazione, che sussista il rischio per la scuola di incorrere nella responsabilità della culpa in vigilando per un fatto illecito commesso dagli studenti, qualora la scuola stessa non sia in grado di dimostrare di aver adottato tutte le misure atte a scongiurare e prevenire episodi di violenza sulle persone e sulle cose.

Di seguito a titolo esemplificativo si espongono alcuni esempi di reati virtuali procedibili d’ufficio la cui gravità, anche solo potenziale, richiede maggiore attenzione. Si tratta di reati gravi o che assumono carattere di particolare gravità soprattutto quando commessi in danno di minori di 14 anni: adescamento di minori anche in Rete (art. 609 undecies cp), prostituzione minorile anche in Rete (art. 600 bis cp), pornografia minorile (art. 600 ter cp), detenzione di materiale pedopornografico (art. 600 quater cp), violenza sessuale in danno di minori di 14 anni (art. 609 bis cp), violenza privata (art. 610 cp), sostituzione di persona (art. 494 cp).

Vi sono poi alcuni reati invece che necessitano di una formale querela da parte della parte offesa perché si avvii un procedimento penale teso a individuare i responsabili di azioni illegali dannose. 

In tutti i casi assimilabili a quelli di seguito descritti, il supporto dell’insegnante potrà essere determinante perché le vittime chiedano il necessario aiuto e trovino il coraggio di sporgere denuncia, quando necessario. Fra i reati on line ricordiamo quelli che più frequentemente possono essere commessi dai ragazzi in danno di coetanei, utilizzando le nuove tecnologie: le diffamazioni (art. 595 cp), le molestie, lo stalking (fatte salve alcune eccezioni) anche quando messi in atto attraverso Internet con profili falsi e/o travisati, l’accesso abusivo a sistema informatico (art. 615 ter cp), le violazioni della privacy e dei diritti di immagine dei minori.

1.2 TRACCIABILITà E REATI ON LINE

La navigazione in Internet avviene attraverso l’utilizzo di servizi, primo fra tutti la connessione alla Rete, generalmente forniti dai provider attraverso un’utenza telefonica analogica, digitale, o su fibra, satellite, radio, ecc. La connessione alla Rete presuppone in genere un processo di autenticazione che permette al fornitore del servizio (provider) di “riconoscere” l’utente che ne fruisce, assegnandogli un indirizzo telematico (ip address) che identificherà la macchina connessa alla Rete in un determinato intervallo temporale e garantirà il corretto scambio di dati tra il computer/smartphone e i vari server che saranno interessati durante la navigazione in Rete.  

La possibilità di individuare l’autore di un reato informatico è legata alla lettura delle tracce informatiche che i singoli collegamenti hanno “seminato“ sulla Rete, generalmente su server attraverso i quali sono effettuati i collegamenti stessi.

Per l’intera durata della navigazione il personal computer/smartphone collegato alla Rete lascerà tracce telematiche (cosiddetti file di log) del proprio “passaggio” su ogni server interessato; queste tracce verranno registrate sotto forma di file di testo.

I file di log si traducono quindi in informazioni a disposizione degli investigatori per l’eventuale individuazione delle condotte tenute in Rete e per l’identificazione dei soggetti autori delle stesse.

L’analisi del log può consentire di stabilire se un determinato utente si sia collegato alla Rete nel giorno e ora di interesse, da quale nodo vi sia entrato, quale provider abbia fornito l’accesso in Rete, e in taluni casi quale attività sia stata svolta.

Le tracce telematiche sono soggette a elevato tasso di volatilità, la loro conservazione inoltre è disciplinata da specifiche leggi che definiscono gli intervalli di tempo in cui vige l’obbligo per i provider di conservare i dati telematici e telefonici. Al di fuori di tali intervalli di tempo sarà difficile e talora impossibile ricostruire eventuali responsabilità penali.

Gli intervalli di tempo entro i quali i provider devono rendere accessibili alle forze dell’ordine dati telematici relativi ai loro servizi sono diversi a seconda del tipo di dato informatico: per esempio i gestori di telefonia hanno obbligo di conservare i dati relativi alle chiamate effettuate per circa 30 giorni, questo comporterà che, qualora sia necessario ricostruire da chi provengono chiamate mute e anonime che disturbano un utente, potrebbe essere possibile avere questo dato solo entro i 30 giorni successivi alle chiamate stesse.

Per l’identificazione dei reali utilizzatori di profili social, profili utenti, utilizzatori di servizi di messaggistica dai quali provengono insulti, denigrazioni, minacce ai danni di altri utenti è necessario richiedere i dati entro e non oltre i 12/24 mesi successivi agli eventi presunti illegali. 

Per questi motivi è indispensabile che le segnalazioni/denunce siano sporte con la massima tempestività in modo da garantire che l’autorità giudiziaria, che dispone l’acquisizione delle tracce telematiche e la polizia, che effettua gli accertamenti tecnici, possano agire prima che i dati non siano più disponibili. 

1.3 L’IMPUTABILITÅ DEI MINORI SU INTERNET

L’art. 85 del cp detta il principio generale per il quale nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato se al momento in cui lo ha commesso non era imputabile. È imputabile la persona che sia capace di intendere e di volere al momento dei fatti oggetto di valutazione.

L’ art. 97 del codice penale stabilisce che non è imputabile chi al momento in cui ha commesso un fatto reato non ha compiuto i quattordici anni. 

Il legislatore ha dunque stabilito che i minori di 14 anni non siano da considerarsi penalmente responsabili delle loro azioni, quando queste comportino un reato. Sino a quell’età si presume che i ragazzi non abbiano raggiunto una maturità psicofisica che gli consenta di distinguere in modo sufficientemente adeguato cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Non è escluso tuttavia che i genitori di un minorenne autore di reato rispondano penalmente per il reato punibile commesso dal figlio.

Questo significa che in tutti quei casi in cui sia chiaro o si presume che ragazzi di età inferiore ai 14 anni abbiano commesso azioni illegali, è comunque necessario effettuare una denuncia/segnalazione poiché la determinazione dei fatti, l’applicazione di misure di sicurezza, l’attribuzione di responsabilità penali ai genitori sono in capo alle necessarie valutazioni dell’autorità giudiziaria. La denuncia di fatti che possano costituire reato può essere fatta sempre in forma scritta e non è previsto l’obbligo di convocazione o avviso alla famiglia perché la denuncia è sottoposta all’obbligo di segreto istruttorio afferente alla fase delle indagini preliminari. Fatta salva tale indicazione, sarà auspicabile coinvolgere la famiglia informandola in breve di quanto accaduto, quale presupposto della migliore sinergia tra adulti, strategica per la valutazione della situazione.

L’avvio di un procedimento penale in relazione ad azioni illegali compiute da un minore degli anni 14 ha un valore importante, non necessariamente in ottica punitiva, ma perchè può favorire una necessaria valutazione delle criticità insite al percorso di crescita di quel minore. 

Esiste inoltre una possibilità per la quale, qualora il minorenne commetta azioni particolarmente gravi e per queste sia giudicato pericoloso, possa essere sottoposto, nonostante abbia un’età inferiore ai 14 anni, a misure di sicurezza quali il collocamento in una comunità per minori o la libertà controllata.

Nel caso dei minori di età compresa tra i 14 e i 18 anni, l’imputabilità va giudicata caso per caso, secondo quanto previsto dall’art. 98 del codice penale. Il giudice dovrà dunque appurare la concreta capacità di intendere e di volere del minore degli anni 18 al momento in cui ha commesso il fatto. In caso di mancanza di tale capacità il minore non è punibile. Nel diverso caso in cui il minore degli anni 18 sia capace di intendere e di volere al momento della commissione del fatto viene considerato punibile, ma la sua pena sarà diminuita rispetto a quella prevista dalla legge per gli adulti.

Anche per azioni commesse da minorenni nella fascia di età 14-17 anni, il coinvolgimento dei genitori non deve essere necessariamente antecedente alla formalizzazione di una denuncia/segnalazione ma sarà comunque auspicabile in un’ottica di collaborazione tra care-givers.

È importante ricordare che esistono vari tipi di reati che possono essere commessi in Rete: alcuni di essi si compiono attraverso semplici azioni compiute direttamente on line (es. aprire un profilo Facebook a nome di altri, rubare e diffondere senza autorizzazione sui social immagini altrui, ecc.), altri invece prevedono l’uso del mezzo informatico quale semplice veicolo o oggetto dell’azione illegale (pubblicare su Facebook insulti, falsità, indiscrezioni sul conto di qualcuno).

Molto spesso i ragazzi ignorano i più semplici elementi di sicurezza informatica, non conoscono le caratteristiche tecniche della Rete e si sentono immuni e irrintracciabili quando usano Internet per “scherzare” contro gli altri.

Né l’intento ludico né la non conoscenza che determinate azioni on line possano costituire reato possono escludere la responsabilità penale di chi le ha commesse: è sempre necessario che un adulto (insegnante, dirigente scolastico, genitore) valuti la situazione, anche con il supporto della polizia o dell’autorità giudiziaria, in modo da assicurare la protezione delle vittime e la valutazione oggettiva delle azioni degli autori di reato.

1.4 LA LEGGE N.71 DEL 2017 CONTRO IL CYBERBULLISMO

Dopo un lungo iter di discussione nel maggio 2017, il Parlamento approva la prima norma relativa al fenomeno del cyberbullismo con un dispositivo intitolato “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”.

La legge insiste in particolare sulle strategie preventive, sugli interventi educativi e sugli aspetti di supporto alle vittime e ai giovani autori di prepotenze on line, attraverso una serie di indicazioni tese a rinforzare le sinergie interistituzionali, le reti locali di supporto e le risorse per la crescita e lo sviluppo di una cultura consapevole nell’uso delle nuove tecnologie.

Il dispositivo inoltre definisce alcune procedure d’emergenza tese a potenziare la protezione dei minori in Rete e stabilisce la possibilità di ricorrere a istituti come l’ammonimento del questore, anche in assenza di una significatività giuridica delle condotte, o in una fase prodromica alla denuncia formale di fatti di reato.

La legge si articola sinteticamente così:

fornisce una definizione di cyberbullismo indicandolo come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi a oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”;

indica la possibilità per le vittime di cyberbullismo di età superiore ai 14 anni e le loro famiglie di richiedere al titolare del trattamento di dati personali, al gestore del sito internet o del social media, l’oscuramento, la rimozione o il blocco di contenuti personali del minore diffusi in rete. Se il gestore del sito non provvede in 48 ore ad ottemperare alle richieste, la vittima e la sua famiglia possono procedere con un’istanza di rimozione, blocco o oscuramento rivolta al garante della privacy;

assegna al mondo della scuola un ruolo determinante, individuando per ogni autonomia scolastica un docente referente per questa tematica che avrà il compito di coordinare iniziative di prevenzione e contrasto del cyberbullismo, in collaborazione con reti locali e forze di polizia;

istituisce presso la presidenza del Consiglio, un tavolo di lavoro interistituzionale coordinato dal Miur, a cui prendono parte anche rappresentanti di enti e associazioni impegnati nella tutela dei minori, con lo scopo di definire un piano d’azione annuale integrato per la lotta al cyberbullismo e realizzare un monitoraggio sul fenomeno attraverso la costituzione di una banca dati specifica;

consente ai minori con più di 14 anni e alle loro famiglie di far ricorso alla procedura di ammonimento del questore, già prevista per il reato di stalking (art. 612-bis cp), nei casi in cui non siano stati commessi i reati di ingiuria (art. 594 cp ), diffamazione (art. 595 cp), minaccia (art. 612 cp) e trattamento illecito di dati personali (art. 167 del codice della privacy) o quando non è stata ancora presentata denuncia/querela, qualora siano vittime di quanto la legge definisce come cyberbullismo. Gli effetti dell’ammonimento cessano al compimento della maggiore età del cyberbullo.

2. Adescamento on line

 

Cosa dice la Legge:

la ratifica della Convenzione di Lanzarote introduce in Italia il reato di adescamento. Legge n.172/2012

L’art. 609 undicies del cp, intende per adescamento “qualsiasi atto volto a carpire la fiducia di un minorenne (minore di anni 16) attraverso espedienti, promesse o minacce, anche mediante l’utilizzo della Rete o di altri mezzi di comunicazione, al fine di commettere i reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di materiale pedopornografico, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, violenza sessuale, atti sessuali con minorenni, corruzione di minorenne, violenza sessuale di gruppo.”

Per il testo completo:
http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/testi/43814_testi.htm

2.1 PER UNA DEFINIZIONE

L’adescamento on line è un lento processo avviato da un adulto abusante che usa le nuove tecnologie per cercare contatti, manipolare psicologicamente dei minori al fine di costruire relazioni pseudo-sentimentali finalizzate a indurre e coinvolgere minori in azioni sessuali reali e/o tecnomediate.

Il fenomeno ha conosciuto un progressivo recente aggravamento in relazione alla concomitante diffusione delle nuove tecnologie fra giovani e giovanissimi. Sempre più spesso gli abusanti usano i social network per individuare i loro target, sfruttando l’inesperienza informatica e la smania di protagonismo dei giovani che espongono larga parte della loro vita pubblica e privata in Rete, facilitando gli abusanti nell’individuare le vittime geograficamente più prossime, le fasce di età preferite, genere e atteggiamenti più attraenti per loro. La progressiva diffusione di servizi di messaggistica istantanea gratuita, che hanno attualmente soppiantato quasi in toto l’uso degli sms e degli mms, ha condotto gli abusanti on line a scegliere sempre più spesso quale teatro dei tentativi di “aggancio” di potenziali vittime servizi come Whatsapp, Snapchat, Telegram etc, privilegiando tra questi quelli che rendono tecnicamente più difficile l’identificazione degli utilizzatori.

Molti adescatori, groomer, si dedicano quasi esclusivamente a questo tipo di attività, privilegiando la dialettica tecnomediata con i minori ai contatti con altri abusanti per condividere il materiale pedopornografico. L’interesse prioritario di questi soggetti è quello di costruire una relazione che induca il minore in uno stato di soggezione psicologica tale da condurre la vittima ad essere sempre più collaborativa e fiduciosa nelle buone intenzioni dell’adulto, colludendo con le richieste di segretezza e preparando il terreno a incontri reali.

Non è raro che, nel processo di adescamento, l’abusante invii al/la ragazzo/a immagini di pornografia e/o pedopornografia, per aumentarne la familiarità con la sessualità e tentare di “normalizzare” le azioni sessuali richieste nonché, più in generale, le relazioni sessuali tra adulti e minorenni. Le immagini sessuali che le vittime sono indotte a produrre scattandosi foto intime o girando brevi filmati con i telefonini, possono divenire fonte di profitto per l’abusante, elemento di scambio e accredito in circuiti di pedofili o essere oggetto di minacce affinchè il minore accetti di compiere altre azioni sessuali.

La polizia postale ricorda

Il rischio di adescamento on line è reale per molti ragazzi e ragazze in fase preadolescenziale e adolescenziale: la naturale curiosità per la sessualità tipica di questa fase evolutiva, la straordinaria naturalezza con cui usano chat e messaggistica, li rendono spesso molto vulnerabili ai tentativi di contatti da parte di adulti abusanti. In genere questi contatti hanno una forte attrattiva per i ragazzi perché solleticano il senso del proibito, della sfida, della cosa “segreta” da gestire in modo adulto e diventano oggetto di condivisione nella cerchia ristretta delle amicizie. Non è infrequente quindi che possano generarsi voci tra gli studenti in merito a contatti sessuali su Internet con sconosciuti.

Il reato di adescamento può configurarsi quindi in tutti quei casi in cui un adulto usa la Rete per intrattenere conversazioni con minori di 16 anni, con la finalità di preparare il terreno psicologico e emotivo utile a vincere le resistenze del minore ad un abuso sessuale reale o tecnomediato.

Il momento in cui la situazione di rischio (mail, chat o videochiamate tra un adulto/a sconosciuto/a e un minore) emerge e viene portata all’attenzione di un adulto può variare da caso a caso: potrebbe avvenire in un momento di massimo entusiasmo per le attenzioni, le gratificazioni, la curiosità che l’interazione sessualizzata con il groomer procura alla vittima , oppure avvenire in un momento in cui la vittima subisce forti pressioni psicologiche a “superare” i confini di un’interazione innocente su Internet. Nel primo caso la vittima potrebbe quindi sentirsi fortemente sollevata dalla condivisione di questo peso con un adulto significativo, nel secondo caso invece è alta la probabilità che la rivelazione della situazione induca nella vittima reazioni di ribellione e fastidio dovuti all’intrusione nella vita “privata” e alla sottrazione di una relazione con un forte potere eccitante.

Sarà molto importante quindi non lasciarsi andare a giudizi di valore e/o a sommarie considerazioni sulle responsabilità reciproche di vittima e adescatore per non correre il rischio di stigmatizzare negativamente quanto accaduto, attribuendo colpe ai minori coinvolti. Questo preserverà inoltre dal rischio che gli stessi genitori dei minori coinvolti assumano atteggiamenti puntivi e giudicanti prima che si siano accertati gli effettivi termini in cui è nata e si è costruita la relazione di adescamento.

Le capacità cognitive adulte e la forte volontà di indurre i minori-vittima ad una sessualizzazione precoce attraverso la manipolazione psicologica, anche tecnomediata, restituiscono sempre all’adulto la prima e più consistente responsabilità di ciò che accade, anche qualora i minori abbiano messo in atto comportamenti di accondiscendenza alle richieste. 

La polizia postale consiglia

È necessario ricordare che si tratta di situazioni ad altissimo potenziale di rischio. I percorsi di adescamento, anche detto grooming, hanno un’escalation molto variabile in relazione all’età della vittima, alla capacità dialettica del pedofilo, alla disponibilità di mezzi informatici: talvolta occorrono mesi perché la vittima accetti contatti e avances, a volte in mezz’ora si definisce un appuntamento reale. È inoltre importante riportare che la casistica che arriva all’attenzione del Cncpo dimostra che sempre più spesso i tentativi di adescamento sono aggravati, nel giro di qualche battuta, da dinamiche di molestia e minaccia: l’abusante minaccia di divulgare immagini e conversazioni intime sul Web se il minore non accondiscende alle richieste sessuali dell’adulto. I livelli di sofferenza e paura possono quindi arrivare velocemente a intensità estreme.

L’adescamento è un reato procedibile d’ufficio, cioè un reato che non necessita di una denuncia formale della vittima perché si possa avviare un’attività di polizia giudiziaria tesa a identificare il presunto abusante (indagine). In qualità di pubblico ufficiale l’insegnante che venga a conoscenza in modo sufficientemente circostanziato di contatti sessualizzati tra una studentessa/studente e un adulto in Rete è tenuto a riferire in forma scritta al dirigente scolastico quanto ha appreso. Il dirigente scolastico dovrà formalizzare con apposita denuncia all’autorità giudiziaria (procura) o alle forze dell’ordine quanto riferito dall’insegante. Sarà cura del dirigente scolastico, congiuntamente all’insegnante che ha avuto notizia dell’adescamento, informare tempestivamente i genitori della vittima della situazione di rischio, cercando di non indurre nei genitori stessi sentimenti di colpevolizzazione o di giudizio che non giovano alla protezione della vittima stessa. Occorre ricordare inoltre che, secondo quanto previsto dall’art. 351 cpp modificato dalla legge n. 172/2012, l’ascolto per esigenze giudiziarie di qualsiasi vittima minorenne di reati di adescamento, violenza sessuale, pedopornografia dovrà essere effettuato alla presenza di un esperto in psicologia o psichiatria infantile. La presenza dell’esperto garantirà che siano adottate tutte le cautele necessarie a rendere la raccolta delle informazioni utili alle indagini più rapida possibile, adattata alle capacità linguistiche in via di sviluppo, nel massimo rispetto delle fragilità specifiche ed evolutive di ogni singola vittima.

2.2 L’AMICO/A GENEROSO/A

Cosa dice la Legge:
Art. 600 bis cp Prostituzione minorile
È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.000 a euro 150.000 chiunque:

1) recluta o induce alla prostituzione (2) una persona di età inferiore agli anni diciotto;

2) favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di una persona di età inferiore agli anni diciotto, ovvero altrimenti ne trae profitto.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato (3) , chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra utilità, anche solo promessi, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.


Gli abusanti sessuali di minori sono da sempre profondi conoscitori del mondo dell’infanzia e hanno saputo presto intuire quale attrattiva irresistibile le nuove tecnologie esercitassero su bambini e ragazzi. La progressiva diffusione della Rete tra utenti sempre più giovani, l’approdo a una tecnologia sempre più child-friendly, economica, portatile, capace di documentare ogni momento della giornata, 24 ore su 24, ha prodotto fenomeni complessi e di forte pericolo come l’adescamento on line.

Lo sviluppo di piattaforme sempre più social in cui le immagini e i video sono protagonisti degli scambi comunicativi tra utenti, hanno contribuito a indurre giovani e giovanissimi a costruire un’abitudine sempre più precoce alla costruzione di un racconto quotidiano della vita privata postato in rete. I ragazzi su Internet sono spesso incauti e ottimisti a tal punto da accettare di interagire, non solo con persone conosciute nella vita reale, ma anche con sconosciuti o conoscenti di altri. Gli abusanti on line spesso quindi esercitano le loro notevoli abilità comunicative sui social per avviare e mantenere conversazioni che preludano alla costruzione di veri e propri rapporti “amicali”, affettivisentimentali. In questo clima falsamente affettivo, l’abusante può proporre regali di valore in cambio di “pegni d’amore” come confidenze sessuali, foto e filmati intimi dei minori vittima. I ragazzi, distratti dalle loro fantasie di innamoramento, di esclusività delle attenzioni, abbasseranno le difese acconsentendo spesso alle richieste, facilitati a vincere le resistenze di pudore e riservatezza in nome di un legame che spesso viene idealizzato su suggerimento del pedofilo stesso.

I minori vittime di relazioni “segrete” di questa tipologia hanno l’impressione di gestire qualcosa di importante, prezioso a cui si ostineranno a non voler rinunciare qualora adulti, insegnanti o genitori, ne vengano a conoscenza. Non è infrequente infatti che i minori coinvolti non capiscano fino in fondo di essere vittime di un raggiro, di una promessa criminale che li induce, con false promesse, a compiere azioni sessuali non spontanee. Atteggiamenti giudicanti, colpevolizzanti e troppo severi al momento in cui viene scoperta la relazione possono solo aumentare l’ostinazione dei ragazzi e la loro chiusura, rendendoli poco collaborativi e di fatto ancora fortemente esposti al rischio di essere vittime di abusi sessuali anche reali. 

La polizia postale ricorda

In tutti quei casi in cui un adulto induce un minore di 16 anni a parlare di sesso sino a produrre immagini o video sessuali che lo ritraggono, utilizzando i nuovi media (internet, tablet, smartphone, ecc), ci si trova di fronte alla concreta possibilità che il minore sia vittima del reato di adescamento on line (art. 609 undecies cp). Se poi in cambio di immagini e video sessuali del minore, l’adulto promette o fa regali in denaro, dona oggetti di valore variabile o promette altri vantaggi, allora l’adulto potrebbe essere accusato anche del reato di prostituzione minorile (art. 600 bis cp).

In entrambi i casi ci si trova di fronte a reati di notevole gravità che necessitano di un intervento urgente di messa in sicurezza della vittima: dal momento in cui emerge la notizia di questo rischio occorre coinvolgere subito i genitori e informare il dirigente scolastico di quanto appreso, anche qualora non si abbia contezza di tutti i particolari relativi alla situazione di rischio. È importante raccogliere e annotare tutte le informazioni che la vittima vorrà fornire, ricordando di non forzare a confidenze ulteriori se il ragazzo/a non si mostra disponibile a farlo. È sempre meglio ricordare che la ricostruzione spontanea di una situazione di rischio può prevedere, ove possibile la raccolta di informazioni che riguardino i seguenti punti:

Chi?

Cosa?

Quando?

Come?

Perché?

Le capacità manipolatorie degli abusanti on line, quando non le minacce e i ricatti, possono indurre le vittime a comportamenti di protezione dell’abusante stesso che possono arrivare alla cancellazione di dati, immagini, video, contatti e profili social. L’azione di tutela può consistere anche semplicemente nell’affiancamento della vittima nel raccontare ai genitori cosa gli stia accadendo o della famiglia stessa per la denuncia alla polizia postale.

La polizia postale consiglia

Spesso nei ragazzi non c’è sufficiente consapevolezza di essere vittime della volontà manipolatoria di un adulto per sottrarsi a interazioni, anche sessualizzate, su Internet in tempo per non subire pressioni e sollecitazioni dannose. La spavalderia, il senso di sfida tipico dell’adolescenza inducono i ragazzi a pensare di poter dominare relazioni in cui intuiscono il potere di attrazione che sono in grado di esercitare sull’adulto, salvo poi ritrovarsi vittime dello stesso raggiro che pensavano di poter condurre. Il carattere di reati gravi e procedibili d’ufficio richiede in casi simili a quello prospettato di mettere al corrente senza indugio il dirigente scolastico. Per molti genitori la scoperta di un interesse sessuale da parte dei figli, nonché la possibilità che a partire da tale interesse siano state realizzate e condivise in Rete foto sessuali personali rappresenta un vero shock. Molte volte sia gli insegnanti che i genitori stessi, si lasciano andare a giudizi sommari che attribuiscono la piena responsabilità alle vittime, con il solo esito di aumentare il senso di isolamento, vergogna e paura che la vittima prova. In genere questi contatti hanno una forte attrattiva per i ragazzi perché solleticano il senso del proibito, della sfida, della cosa “segreta” da gestire in modo adulto e diventano oggetto di condivisione nella cerchia ristretta delle amicizie. Di frequente quindi possono generarsi voci tra gli studenti in merito a contatti sessuali su Internet con sconosciuti: è importante prestare la massima attenzione a voci di questo tipo cercando di approfondirne la natura e verificarne la minima fondatezza.

 

2.3 FUORI DALL’ISOLAMENTO GRAZIE A INTERNET

I fattori di rischio nei casi di abuso sessuale on line di minori:
(Mare Ainsaar e altri, in  Maltrattamento e abuso dell’infanzia, fascicolo 3, anno 2012)  

Minori con condotte poco attente o imprudenti sul Web.

Minori con elevata esigenza di essere in contatto e venir riconosciuti.

Minori con carenza di altri canali comunicativi, dipendenti. 

Molti degli elementi che predispongono al rischio di essere vittime di cyberbullismo o adescamento on-line sono stati riferiti nei  casi arrivati all’attenzione della Polizia postale e delle comunicazioni.

 

Sono molti gli adolescenti che vivono nella fase di delicato passaggio dall’infanzia all’età adulta qualche difficoltà relazionale e di socializzazione che può indurli a chiudersi progressivamente ai contatti e alle interazioni con gli altri.

Numerose ricerche scientifiche hanno evidenziato come queste difficoltà, in molti casi temporanee, costituiscono un elemento di fragilità che se accompagnato a un uso poco controllato da parte degli adulti delle nuove tecnologie, rendono concreto per questi ragazzi il rischio di divenire vittime di adescamento e/o cyberbullismo. (Mare Ainsaar e altri 2012).

Dal canto loro, gli abusanti on line prediligono vittime fragili, facilmente manipolabili, che manterranno con maggiore facilità il segreto del carattere sessuale delle interazioni su Internet proprio perchè prive di un’adeguata rete di relazioni sociali.

La tendenza a cercare l’approvazione del gruppo può essere un elemento che facilita, fra i ragazzi, la condivisione di esperienze anche sessuali, fra cui possono esserci casi di rischio oggettivo. Questa condivisione, spesso affidata anche alle pagine dei social network, se da una parte è espressione di una difficoltà di distinguere tra pubblico e privato, dall’altra può essere un meccanismo in grado di richiamare l’attenzione di adulti, siano essi insegnanti o genitori, affinchè siano messe in atto adeguate misure di protezione.

Gli stessi coetanei, magari impauriti dal rischio che sta correndo il compagno, potranno chiedere aiuto o formulare domande al fine di comprendere la natura del problema, attivando di fatto una rete di supporto che può essere determinante per prevenire conseguenze ulteriori, anche gravi.

I ragazzi più timidi o isolati possono esser esclusi da questo meccanismo di protezione che si basa sulla condivisione col gruppo di pari e, animati da un forte desiderio di conferma del proprio valore, possono mostrarsi meno accorti nei contatti su Internet, accettando di parlare con sconosciuti, anche adulti.

Una relazione virtuale che non implica necessariamente un’interazione fisica reale, che si basa sull’uso del linguaggio scritto che ha un potenziale evocativo più forte, può far sentire questi ragazzi al sicuro, inducendoli in breve tempo ad abbassare le difese.

Una relazione costruita nella fantasia, alimentata sapientemente dalla capacità dell’abusante on line di usare suggestioni come l’amore, il sentimento, la segretezza, l’unicità di un legame attrattivo speciale e osteggiato dai più, sarà qualcosa a cui la vittima non riuscirà né vorrà rinunciare.

La polizia postale ricorda

In tutti quei casi in cui un adulto induce un under 16 a parlare di sesso e a produrre immagini o video sessuali che lo ritraggono utilizzando i nuovi media (internet, tablet, smartphone, etc), ci si trova di fronte alla concreta possibilità che il minore sia vittima del reato di adescamento on line (art. 609 undecies cp).

Ci si trova di fronte ad un reato di notevole gravità che necessita di un intervento di messa in sicurezza della vittima urgente: dal momento in cui emerge la notizia di questo rischio occorre coinvolgere subito i genitori e informare il dirigente scolastico di quanto appreso, anche qualora non si abbia contezza di tutti i particolari relativi alla situazione di rischio. È importante raccogliere e annotare tutte le informazioni che la vittima vorrà fornire, ricordando di non forzare a confidenze ulteriori se il ragazzo/a non si mostra disponibile a farlo. È sempre meglio ricordare che la ricostruzione spontanea di una situazione di rischio deve prevedere, ove possibile la raccolta di informazioni che riguardino i seguenti punti:

Chi?

Cosa?

Quando?

Come?

Perché?

Le capacità manipolatorie degli abusanti on line, quando non le minacce e i ricatti, possono indurre le vittime a comportamenti di protezione dell’abusante stesso che possono arrivare alla cancellazione di dati, immagini, video, contatti e profili social. L’azione di tutela può consistere anche semplicemente nell’affiancamento della vittima nel raccontare ai genitori cosa gli sta accadendo o della famiglia stessa per la denuncia alla polizia postale.

È determinante non cancellare, modificare file, immagini e video su computer, telefonino, tablet e altri supporti utilizzati dal minore nelle interazioni con l’adulto poiché si rischia la perdita di importanti dati utili alle indagini; sarà altresì fondamentale non subentrare ai contatti via Web con l’adulto, magari assumendo l’identità virtuale del ragazzo: questa pratica può concretamente alterare le tracce determinando l’annullamento del procedimento penale che potrebbe essere avviato. Le analisi tecniche condotte sui casi gestiti dalla polizia postale e delle comunicazioni hanno evidenziato che spesso gli abusanti on line, e in particolare i groomer, agiscono cercando di irretire contemporaneamente molte vittime, con un forte rischio di recidiva così come evidenziato da molte ricerche scientifiche di ambito criminologico: la segnalazione, la denuncia di una di queste vittime può di fatto costituire un’importante punto di partenza per mettere in sicurezza altri minori in pericolo ora o che potrebbero esserlo a breve.

La polizia postale consiglia

Come abbiamo già detto nel precedente spazio riservato ai consigli della Postale, molto spesso nei ragazzi non c’è sufficiente consapevolezza di essere vittime della volontà manipolatoria di un adulto per sottrarsi ad interazioni anche sessualizzate su Internet in tempo per non subire pressioni e sollecitazioni dannose. Perciò, il desiderio di avere qualcuno vicino di cui fidarsi, la forte esigenza di conferma del proprio valore che possono essere tipici di alcuni adolescenti sono fattori che contribuiscono a sviluppare legami di dipendenza affettiva con adulti sconosciuti via Web. Qualora non sia il ragazzo a percepire il rischio insito alla relazione tecnomediata e sessuale con l’adulto ma altri, coetanei, insegnanti o genitori, la reazione della vittima potrebbe essere sorprendente: rabbia, senso di intromissione, frustrazione che preludono al tentativo di mantenere viva e attiva la relazione con l’adulto.

Anche in questo caso, la spavalderia, il senso di sfida tipico dell’adolescenza inducono i ragazzi a pensare di poter dominare relazioni in cui intuiscono il potere di attrazione che sono in grado di esercitare sull’adulto, salvo poi ritrovarsi vittima dello stesso raggiro che pensavano di poter condurre. 

Il carattere di reati gravi e procedibili d’ufficio a cui possono essere ricondotti casi come quelli rappresentati prevede la necessità di mettere al corrente il dirigente scolastico e la famiglia dello studente di quanto appreso. Questi provvederanno a fare una denuncia alla polizia postale o direttamente alla procura della Repubblica.

Anche per i genitori il discorso è esattamente quello già fatto: per molti di loro la scoperta di un interesse sessuale da parte dei figli, nonché la possibilità che a partire da tale interesse siano state realizzate e condivise in rete foto sessuali personali, rappresenta un vero shock. Non è infrequente che sia gli insegnanti che i genitori stessi si lascino andare a giudizi sommari che attribuiscono la piena responsabilità alle vittime, con il solo esito di aumentare il senso di isolamento, vergogna e paura che la vittima prova.

Sarà quindi consigliabile astenersi dall’assumere atteggiamenti giudicanti e moralistici, aiutare la famiglia a concentrarsi su quanto è necessario fare per mettere in sicurezza il minore, favorendo l’ascolto e il dialogo per evitare che la vittima cancelli tracce, immagini, video, profili etc., rendendo difficile l’identificazione del responsabile, nel tentativo di proteggerlo. In sede di presa in carico da parte dei servizi sociali che si occuperanno del trattamento della vittima durante o al termine dell’iter giudiziario, i comportamenti a rischio messi in atto dalla vittima che hanno contribuito all’adescamento verranno adeguatamente affrontati e rielaborati sotto la guida di un terapeuta che sappia ricostruire in modo adeguato il significato di quegli stessi comportamenti.

Chiedere aiuto via web
Se nella navigazione in rete si trovano siti, spazi web, gruppi che inneggiano all’anoressia e alla bulimia, al digiuno, incitando giovani a queste pratiche, è possibile segnalare a:
www.commissariatodips.it

3. Autolesionismo, disturbi alimentari e suicidio

3.1 PER UNA DEFINIZIONE

La preadolescenza e l’adolescenza sono spesso periodi caratterizzati da un certo livello di difficoltà nelle relazioni interpersonali e nel rapporto col proprio corpo. Inoltre, in queste fasi, spesso le conflittualità con le figure genitoriali vengono esacerbate e arrivano a momenti di forte contrapposizione e ribellione che portano i ragazzi a vivere in solitudine la “fatica” di crescere. Il gruppo di pari rappresenta spesso un rifugio in cui trovare, attraverso la condivisione dei disagi comuni, una via d’uscita dalla difficoltà di diventare grandi, senza sentirsi ancora tali. Il Web è uno dei luoghi dove più recentemente i ragazzi raccontano il loro vivere quotidiano, affidando racconti molto personali, talvolta segreti. L’attività di monitoraggio delle Rete svolta quotidianamente dalla polizia postale e delle comunicazioni ha consentito di verificare che giovani e giovanissimi utilizzano sempre più spesso le chat dei social network, i gruppi Whatsapp, i blog personali per condividere esperienze di disagio, difficoltà e talvolta sofferenza, cercando nel confronto delle esperienze una soluzione al senso di isolamento che provano.

Esistono spazi web nei quali è possibile reperire informazioni sulle principali pratiche di:

Autolesionismo: come nascondere i tagli e le ferite che ci si autoinfligge.

Anoressia e bulimia: come evitare di mangiare, come non farsi scoprire a vomitare e/o digiunare, come non cadere in tentazione.

Suicidio: quali metodi usare, come essere sicuri di riuscirci, come non farsi scoprire mentre si progetta un suicidio.

Questi spazi web rappresentano un pericolo quando in essi sono raccolti consigli, incitamenti, solidarietà di gruppo per mantenere i comportamenti pericolosi. 

 

3.2 GRUPPI PRO-ANA E PRO-MIA

I ragazzi accettano spesso di partecipare a gruppi di Whatsapp e Facebook senza riflettere troppo sulla denominazione del gruppo, sui contenuti che vi sono condivisi, sul numero di utenti che partecipano. È sufficiente che siano presenti alcuni amici perché accettino l’invito “virtuale”. 

Da qualche anno a questa parte si osserva un proliferare di spazi web nei quali ragazzi e ragazze si scambiano e condividono, attraverso messaggi o post sui social, le esperienze di anoressia e bulimia. Ne è venuto fuori qualcosa di simile a un “movimento giovanile” che si dichiara a favore dell’anoressia e della bulimia, assumendo la denominazione di “pro-ana” e “pro-mia”: il movimento sostiene che l’estrema magrezza è una scelta di perfezione contro la quale nessuno ha il diritto di opporsi. Un monitoraggio della Rete svolto dalla polizia postale ha evidenziato come moltissimi spazi web che inneggiavano ai comportamenti di digiuno, riduzione delle calorie, allenamento coatto, assunzione di lassativi all’insaputa dei genitori, sono gestiti in realtà da minorenni e/o maggiorenni affetti da disturbi alimentari. 

Attualmente il maggior numero di scambi via Web su queste tematiche avviene all’interno di gruppi chiusi sui social network, il cui accesso è determinato dalle valutazioni dell’amministratore e su gruppi Whatsapp, dove l’accesso è subordinato a un invito. La partecipazione a questi gruppi, quando riguardano tematiche così particolari e potenzialmente pericolose, può aggravare inquietudini esistenti, facendo leva su fragilità adolescenziali e individuali specifiche. La sola partecipazione non è spesso sufficiente a ingenerare un disturbo alimentare poiché esso ha radici molto profonde nella storia e nella struttura psicologica delle persone ma può costituire un punto di partenza per l’aggravamento di problemi con il cibo preesistenti. I legami di solidarietà nel mettere in atto comportamenti rischiosi per la salute sono vissuti dai ragazzi come molto significativi, anche se sono stretti e mantenuti solo on line; la loro familiarità col mezzo informatico e la difficoltà a comprendere le conseguenze estreme di certe abitudini rendono i contatti virtuali, la partecipazione a questi gruppi virtuali non priva di oggettivi pericoli.

La polizia postale ricorda

Gli spazi web nei quali sono contenuti consigli e suggerimenti relativi a pratiche di autolesionismo, anoressia, bulimia, suicidio sono spesso ospitati all’interno di siti esteri sui quali la polizia italiana potrebbe essere impossibilitata ad agire.

In molti casi le argomentazioni diffuse su Internet, tese a promuovere legami di solidarietà fra giovani che condividono le stesse fragilità e/o problemi psicopatologici, non costituiscono un reato in sé e per sè, ma solo la manifestazione di uno stato di forte fragilità che può solo peggiorare, in ordine al reciproco sostegno nella patologia che i singoli possono trovare nel sentirsi parte di un gruppo che condivide lo stesso problema.

La polizia postale e delle comunicazioni riceve numerose segnalazioni su www.commissariatodips.it da singoli utenti della Rete, per la presenza di spazi blog e gruppi Whatsapp su queste tematiche e, qualora ravvisi situazioni di rischio imminente per minori ed adulti, attiva quanto necessario per l’identificazione e la messa in sicurezza di chi si trova in pericolo.

È bene tuttavia sapere che contenuti come quelli descritti vengono molto frequentemente considerati, anche all’estero, nocivi per i minori e quindi contrari alle policy di socialnetwork e siti di hosting (blog, e spazi web personali). Potrà quindi essere sufficiente segnalare negli appositi form per il blocco/rimozione di contenuti dannosi di socialnetwork, siti o spazi web, anche esteri, il carattere problematico dei contenuti per ottenerne la rimozione o la sospensione dei profili.

La polizia postale consiglia

I livelli di condivisione, di “incontinenza” comunicativa in Rete inducono i ragazzi a raccontare cosa accade nella vita quotidiana con grande generosità, lasciando aperta la possibilità che alcuni compagni possano accorgersi delle “cattive compagnie” frequentate dai coetanei.

Sarà importante che vengano accolte “indiscrezioni” di questo tipo che provengano dagli studenti perché molti adulti non conoscono la realtà dei gruppi tematici on line, né la possibilità che i ragazzi, partecipandovi, possano aggravarsi, mettendo in atto pratiche disfunzionali e/o pericolose incitandosi a vicenda, e laddove manchi il minimo sospetto, si riduce di molto la possibilità che questa specifica situazione di rischio on line emerga.

È difficile immaginare per un genitore che possa esistere questa fitta, dinamica rete di supporto giovanile, talvolta davvero patologico, che costruisce legami di solidarietà “virtuale” per pratiche così preoccupanti come l’autolesionismo, il digiuno, le abbuffate, etc.

Accogliere notizie così difficili da dire quando coinvolti in prima persona o così difficili da riferire se riguardano altri non è semplice ma l’insegnante può davvero essere una figura chiave nella migliore risoluzione di questa tipologia di situazioni di rischio. La confidenza che ha con i ragazzi, il suo ruolo altro rispetto a quello genitoriale saranno importantissimi per sostenere e aiutare i ragazzi coinvolti a cercare un aiuto familiare o istituzionale laddove necessario.

3.3 GRUPPI SULL’AUTOLESIONISMO, CUTTING E SUICIDIO

Cosa dice la Legge
Art.  580 codice penale: Istigazione o aiuto al suicidio
«Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima. Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell’articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità di intendere e di volere, si applicano le disposizioni relative all’omicidio».

 

Il fenomeno dell’autolesionismo, che comprende il procurarsi tagli, piccole bruciature, piccole ferite ed ematomi, non è infrequente in adolescenza. Talvolta ha un decorso cronico, altre volte è invece un comportamento temporanea tipico di stati di disagio adolescenziale.

La frequentazione di spazi web dedicati a queste pratiche è comprensibile quando offre ai ragazzi la possibilità di non sentirsi soli nelle loro sofferenze e può assumere la funzione di socializzazione alternativa per chi attraversa momenti di isolamento ed esclusione sociale.

Vi sono diversi studi scientifici che hanno individuato una relazione tra la vittimizzazione e l’autolesionismo: i vissuti di colpa, di impotenza, il senso di inadeguatezza comuni a molte vittime di prepotenze off e on line sono spesso connessi con il tentativo di ridurre il disagio psichico attraverso le ferite fisiche. È quindi importante considerare la frequentazione di gruppi on line, la partecipazione ad essi in rete come un fattore di rischio per gli studenti. Quanto già espresso sui gruppi pro-anoressia e pro-bulimia in riferimento alla difficoltà degli adulti di conoscere l’esistenza di queste realtà virtuali e di immaginare che i ragazzi siano interessati a frequentarle può essere il principale ostacolo al far emergere il caso stesso. 

In tutti i casi in cui si abbia modo di sapere da altri studenti, che si possa visionare, anche casualmente, che vi sono studenti che frequentano, partecipano, scrivono on line su spazi web relativi ad autolesionismo e suicidio sarà importante informare la famiglia e verificare se la problematica di fragilità che sembra emergere sia già conosciuta e affrontata dalla famiglia e dalle istituzioni di cura e tutela del minore. 

In merito invece agli spazi web nei quali siano presenti incitamenti al suicidio a indirizzo di uno o più studenti vittimizzati on line, sarà opportuno informare quanto prima il dirigente scolastico e la famiglia della vittima di quanto emerso dalla testimonianza di altri studenti, dalle vittime stesse o dalla conoscenza accidentale dell’esistenza di tali spazi per vari ordini di motivi:

esiste un forte pericolo che i reiterati incitamenti a compiere il suicidio inducano concretamente la vittima a perfezionare un tentativo effettivo di suicidio;

l’istigazione o aiuto al suicidio costituisce un reato procedibile d’ufficio e ciò induce l’obbligo per gli inseganti, in qualità di pubblici ufficiali, di denunciare quanto conosciuto, anche parzialmente e/o accidentalmente;

La tempestività di approccio a tali situazioni è un elemento determinante, non solo in ordine alla possibilità di scongiurare il rischio che si faccia strada nelle vittime l’idea del suicidio, ma anche in ordine alla possibilità per la polizia postale di avviare e concludere con successo l’indagine informatica.

La ricerca dei responsabili, oltre ad esser un obbligo di legge, assicurerà agli stessi una valutazione del loro comportamento a cui potranno seguire percorsi di recupero e trattamento importanti per scongiurare il rischio che comportamenti “sbagliati” diventino prodromo di azioni criminali consapevoli.

La raccomandazione di non alterare le tracce informatiche, magari cancellando file, immagini, post, chiudendo profili, sostituendosi alle vittime sui profili social sono sempre valide e diventano tassative in tutti i casi in cui il pericolo è così imminente e imprevedibile. 

Odio che diventa istigazione al suicidio

In relazione invece a situazioni di prepotenze tra coetanei e al cyberbullismo, spesso i ragazzi si lasciano andare a incitamenti al suicidio ai danni delle vittime oggetto di derisioni, insulti, diffamazione e dileggio, a corredo di vere e proprie campagne di attacco cybernetico. In questi casi esiste la concreta possibilità che tali affermazioni arrivino a configurare il reato di istigazione o aiuto al suicidio (art.580 cp) e che la vittima sia sottoposta a una pressione eccessiva per la sua età. Non sempre i segnali di sofferenza psicologica delle vittime sono univoci: cali repentini di rendimento, chiusura e isolamento, aggressività o passività eccessiva possono essere segnali di un percorso adolescenziale difficile, così come di una forte vittimizzazione on line; in entrambi i casi un approfondimento dei motivi e delle situazioni che hanno generato questi cambiamenti possono essere utili e fondamentali per la protezione dei ragazzi anche da se stessi. 

La polizia postale consiglia

È importante ricordare che in circa il 70% dei casi di suicidio, le vittime hanno espresso a persone vicine e/o conoscenti la volontà di togliersi la vita, sfatando il luogo comune per cui chi lo dice poi non lo fa (Pompili, 2016). Occorre prendere molto sul serio dichiarazioni di intenti suicidi, anche quando sono espresse via Web, da preadolescenti e adolescenti il cui equilibrio psichico a volte è assai fragile, ambivalente e difficile da interpretare. Il Web è per i ragazzi un luogo parallelo alla realtà quotidiana in cui riescono a esprimere se stessi con maggior libertà, non riuscendo spesso a comprendere a pieno quale esposizione mediatica globale determini questa libertà di raccontarsi. Nei casi di disagio, di sofferenza anche forte tuttavia può essere un modo per richiamare attenzione e ottenere ascolto, anche fosse solo da altri coetanei che allarmati da certe dichiarazioni possono riferirle agli insegnanti, ai genitori o ad altre figure educative importanti. Nei casi in cui arrivi all’insegnante una notizia riguardante una dichiarazione di intento suicida da parte di studenti, è necessario informare subito le forze dell’ordine, in modo da assicurare una pronta valutazione da parte di esse dello stato di pericolo in cui versa il minore per la predisposizione delle azioni di tutela. Sarà importante avvertire contestualmente la famiglia che potrà così partecipare a quanto sta accadendo e attivare, ove necessario, le misure che occorrono per la messa in sicurezza del ragazzo/a. 

 

COSA FARE

Adescamento on line

Alla capacità di osservazione tipica degli insegnanti non possono sfuggire segnali che esprimono situazioni di rischio degli studenti: l’ostentazione di oggetti costosi e di grande valore, i racconti di contatti con adulti sconosciuti, l’assunzione improvvisa di atteggiamenti troppo adultizzati possono essere campanelli d’allarme da approfondire.

Nell’esperienza della polizia postale e delle comunicazioni esiste un’ampia casistica che vede adulti interessati a contatti sessualizzati anche su Internet con minori che cercano di indurre le vittime a partecipare a conversazioni sessuali, produrre immagini intime con la promessa di oggetti, somme di denaro e altri vantaggi di interesse dei giovani (crediti per giochi on line, provini per trasmissioni televisive/squadre sportive, biglietti di concerti, ecc.). In questi casi è probabile che si possa configurare il reato di prostituzione minorile (art. 600bis cp) che impone l’obbligo di segnalazione formale al dirigente scolastico, che provvederà a trasmetterla alle forze dell’ordine o alla procura della Repubblica. 

Pur non sussistendo l’obbligo per l’insegnante di informare preventivamente la famiglia della presunta vittima di adescamento on line prima della formalizzazione della segnalazione al dirigente scolastico, è auspicabile coinvolgere da subito la famiglia dello studente. 

Nell’informare la famiglia sarà necessario che l’insegnante limiti al massimo le interpretazioni colpevolizzanti della vittima al fine di evitare rappresaglie familiari che inducano una vittimizzazione secondaria, e che causino un’eventuale chiusura difensiva della vittima. I comportamenti imprudenti messi in atto dal minore potranno essere valutati e analizzati in fase di presa in carico della vittima da equipe specializzate nel trattamento (servizi sociali, psicoterapeuti, assistenti sociali, ecc.). Occorre ricordare inoltre che, secondo quanto previsto dall’art.351 cpp modificato dalla legge 172/2012, l’ascolto per esigenze giudiziarie di qualsiasi vittima minorenne di reati di adescamento, violenza sessuale, pedopornografia dovrà essere effettuato alla presenza di un esperto in psicologia o psichiatria infantile. La presenza dell’esperto garantirà che siano adottate tutte le cautele necessarie a rendere la raccolta delle informazioni utili alle indagini più rapida possibile, adattata alle capacità linguistiche in via di sviluppo, nel massimo rispetto delle fragilità specifiche ed evolutive di ogni singola vittima.

 

Rischio prostituzione minorile

Ogniqualvolta un insegnante venga a conoscenza dell’esistenza di relazioni sentimentali anche via Web tra uno studente e un adulto, è possibile che ci si trovi di fronte a un caso di adescamento on line così come descritto dall’art. 609 undecies cp. È necessario ricordare che si tratta di situazioni ad altissimo potenziale di rischio per le quali, in poco tempo si può giungere a un incontro reale tra un minore e un adulto conosciuto in Rete.

Sarà necessario raccogliere dagli studenti coinvolti o da quelli informati sui fatti quanti più elementi possibili secondo lo schema:

Chi? Cosa? Quando? Come? Perché?

Tali informazioni dovranno essere riportate in una relazione formale indirizzata al dirigente scolastico che provvederà a trasmetterla alle forze di polizia o alla procura della Repubblica tempestivamente per l’avvio delle indagini.

Come nei casi di adescamento, l’insegnante non ha l’obbligo di informare preventivamente la famiglia dello studente prima della formalizzazione della segnalazione al dirigente scolastico, tuttavia un coinvolgimento da subito è auspicabile. 

Nell’informare la famiglia sarà necessario limitare al massimo le interpretazioni colpevolizzanti della vittima al fine da una parte di evitare rappresaglie familiari che inducano una vittimizzazione secondaria e dall’altra generino una chiusura difensiva della vittima che rischi di comprometterne la testimonianza. Gli eventuali comportamenti imprudenti messi in atto dal minore potranno essere valutati e analizzati in fase di presa in carico della vittima da equipe specializzate nel trattamento. Analogamente ai casi di adescamento, secondo quanto previsto dall’art.351 cpp modificato dalla legge 172/2012, l’ascolto per esigenze giudiziarie di qualsiasi vittima minorenne di reati di adescamento, violenza sessuale, pedopornografia dovrà essere effettuato alla presenza di un esperto in psicologia o psichiatria infantile. Anche in questo caso la presenza dell’esperto costituisce una garanzia per lo svolgimento delle indagini e una cautela per la vittima.

 

Fragilità psicologica in Rete

In Rete esistono spazi web e siti nei quali è possibile reperire consigli e informazioni in merito a:

a) autolesionismo

b) anoressia e bulimia

c) suicidio

Molti di questi spazi web sono gestiti da altri adolescenti che cercano via Internet supporto e condivisione del loro personale stato di disagio. In molti casi tali spazi web non hanno carattere di illegalità o sono attestati su server esteri che ostacolano ogni intervento di polizia.

È tuttavia probabile che tali siti possano avere effetti aggravanti su altri minori in stato di fragilità.

Nei casi in cui l’insegnante venga a conoscenza che uno studente partecipi o gestisca spazi web di questo tipo è consigliabile informare tempestivamente la famiglia per assicurarsi che sia a conoscenza dello stato psicofisico in cui versa lo studente. Nei casi invece in cui, in relazione a episodi di prepotenze on line tra studenti, vi siano tra i messaggi incitazioni al suicidio in danno della vittima, occorre ricordare che si può configurare il reato di istigazione o aiuto al suicidio secondo l’art. 580 cp. Tale reato, data la sua gravità e il pericolo oggettivo che a esso è collegato, è perseguibile d’ufficio: vige quindi l’obbligo di denunciarlo formalmente, anche in assenza di un’istanza da parte della vittima.

L’insegnante ha l’obbligo di notiziare per iscritto o a voce con una relazione formale sui fatti conosciuti il dirigente scolastico che comunicherà alle forze dell’ordine o alla procura della Repubblica quanto esposto dall’insegnante, per l’attivazione delle azioni di tutela necessarie.

Si potrà procedere contestualmente a informare la famiglia di quanto appreso, sia se la vittima è oggetto di incitazioni, sia se ha espresso via web l’intenzione di suicidarsi.

In fase adolescenziale, la sofferenza individuale può generare un tentativo concreto di suicidio in tempi anche molto brevi.

 

*direttori tecnici capo psicologi della Polizia di Stato del Servizio polizia postale e delle comunicazioni - Unità di analisi dei crimini informatici - Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia on line

31/08/2017