Annalisa Bucchieri
A te che nel 1992 non eri ancora nato
A 25 anni dalla strage di Capaci la Quarto Savona 15 della scorta si rimette in marcia per Palermo. Aiutala a camminare
A te che nel 1992 non eri ancora nato, o che muovevi i primi passi proprio allora, voglio parlare di questa foto. Appena la guardi ti arriva un pugno nello stomaco, vero?! Ti rendi conto che è un’autovettura solo per via della ruota che resiste tra le lamiere contorte e ti viene da pensare a che razza di volo carambolico abbia fatto per ridursi così. Subito dopo pensi che fine abbia fatto chi stava dentro l’abitacolo. è la Fiat Croma marrone su cui viaggiavano Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, i tre poliziotti della scorta denominata Quarto Savona 15 che precedeva la macchina del giudice Falcone e di sua moglie Francesca Morvillo quel maledetto giorno della strage di Capaci: il 23 maggio 1992.
Sono passati venticinque anni da quando il boss Totò Riina ordinò a Giovanni Brusca di premere il detonatore per
eliminare l’uomo che stava mettendo Cosa nostra alle strette e insieme a lui quelli che si erano esposti a suo sostegno e protezione. La Fiat Croma blindata di Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo – scusami se ripeto di nuovo i loro nomi ma cerco di compensare i troppi anni nei quali sono stati riassunti nelle pagine dei giornali con il collettivo sbrigativo “la scorta” – prese l’esplosione in pieno, saltò in aria e poi precipitò un centinaio di metri sotto l’autostrada, andando a finire in un terreno privato. Tanto che all’inizio neanche la si riusciva a trovare.
Questa macchina oggi si è rimessa in moto grazie a una donna straordinaria, Tina Montinaro, moglie di Antonio il caposcorta. Lei che ha potuto riconoscere il corpo del marito unicamente dalle dita incrociate della mano sinistra, lei che a trent’anni è rimasta a crescere da sola due figli piccolissimi, lei che si rifiuta di considerarsi “vedova” perché porta suo marito sempre dentro di sé, ecco lei ha fatto sì che quel giorno che poteva decretare la fine del senso della sua esistenza, diventasse l’inizio di un impegno senza sosta contro la Mafia.
Tu, se Tina fosse stata tua madre, appena avessi avuto l’età della ragione non le avresti forse detto «Andiamocene da Palermo, questa città infame che mi ha tolto persino la possibilità di ricordare mio padre?».Invece, sai, lei ha resistito alla tentazione di portare via i figli ed è voluta rimanere lì. Ha fondato l’associazione Quarto Savona 15 e con il sostegno della Polizia di Stato ha recuperato quel che restava dell’autovettura, l’ha fatta sistemare sotto una teca di cristallo con una targa che ricorda Antonio, Vito e Rocco e l’ha portata alla Scuola allievi agenti di Peschiera del Garda dove il direttore, Gianpaolo Trevisi, l’ha resa visibile a tutti.
Ora, in occasione del venticinquesimo anniversario della strage di Capaci, la Quarto Savona 15 riparte da Peschiera del Garda per essere trasferita a Palermo il 23 maggio – l’iniziativa si chiama La Memoria in marcia – attraversando tutta Italia in una serie di tappe e di soste in piazze diverse (puoi dare un’occhiata alla cartina a pagina 9) dove potrai andarla a vedere e dove, se vuoi, potrai andare a sentire parlare Tina Montinaro.
Sicuramente mi dirai: ormai è storia passata, la Mafia non architetta più stragi, e poi ho già da pensare ai problemi del mio domani figuriamoci se ho tempo di sanare le ferite della tua generazione... Eppure quel giorno di venticinque anni fa influisce sul tuo presente più di quanto tu creda. Perché la Mafia continua a uccidere le persone in maniera certo meno eclatante o sanguinaria ma altrettanto feroce. Uccide la tua possibilità di futuro, di trovare lavoro, di costruirti il cammino che desideri.
Antonio, Vito e Rocco sono tre poliziotti che hanno scelto di fare la scorta al giudice Falcone pur sapendo il pericolo al quale andavano incontro. Lo hanno fatto perché Falcone è stato il primo giudice a portare Cosa nostra in tribunale, il primo ad avere il coraggio di processarla in una terra dove la parola “mafia” nessuno si azzardava a pronunciarla. Lo hanno fatto per un mondo migliore da consegnare non solo ai loro figli ma anche ai ragazzi di tutta Italia. Antonio Montinaro ripeteva sempre che lui aveva paura per la scelta fatta però aggiungeva che non era un vigliacco.
Ecco non ti chiedo di non aver paura, o di indossare l’uniforme da poliziotto, e neanche di compiere gesti eroici. Ma adesso che conosci la storia di questa macchina, ti chiedo di non essere vigliacco nei confronti dei tuoi sogni e del tuo futuro. Se riuscirai a portare avanti la tua “energia pulita” nel domani, in quel domani la Mafia avrà sempre meno ossigeno da respirare. Solo così la memoria di Antonio, Rocco e Vito continuerà a essere in marcia per un futuro migliore.