Franco Gabrielli
Oltre le Polizie, verso la Polizia
Questi primi undici mesi insieme, tanti sono infatti quelli trascorsi dall’ultima Festa della Polizia, sono la dimostrazione che “Il tempo di cui disponiamo ogni giorno è elastico”, come scriveva Marcel Proust ne Alla ricerca del tempo perduto.
Se penso, infatti, a quel 25 maggio dello scorso anno, quando abbiamo festeggiato insieme la ricorrenza del 164° anniversario della fondazione della Polizia di Stato, mi sembra passato solo un battito di ciglia, un “blink”, per dirlo con il nome di uno dei più affascinanti ed innovativi progetti di formazione del personale che abbiamo avviato.
Se rifletto, di converso, sulla base delle innumerevoli iniziative che abbiamo sin qui già realizzato o sui progetti che abbiamo intrapreso, mi sembra impossibile che tutto ciò sia avvenuto in meno di 10 mesi.
Tutto era iniziato con l’impegno, formulato all’indomani del mio insediamento, di utilizzare il mio tempo come Capo della Polizia per provare ad avviare un processo di rinnovamento della nostra Istituzione.
Ma prima di innovare bisogna conoscere in profondità la materia sulla quale si va ad agire. Ed è per questo che ho ritenuto necessario prima di tutto parlare con la mia gente, raccoglierne dalla viva voce le testimonianze e provare a disegnare insieme un percorso condiviso di rinnovamento.
Perché ho sempre pensato che un “uomo solo al comando”, se nel ciclismo va a vincere, da noi, non va da nessuna parte. Per questo ho approcciato questa prima fase con uno spirito di assoluta cautela, con quel rispetto che è dovuto ad una Istituzione complessa, come la nostra, di cui non conoscevo fino in fondo i recenti sviluppi.
Come ben sapete, infatti, il mio percorso professionale si è snodato seguendo sentieri che, seppur contigui, mi hanno tenuto lontano dalla Polizia negli ultimi 10 anni. Lontananza che, difformemente da una certa vulgata, ritengo un assoluto punto di forza. In primo luogo perché mi ha consentito di vedere la Polizia dall’esterno, di giudicarne, con meno coinvolgimento emotivo, i punti di forza e gli elementi di debolezza. E, in secondo luogo, perché ha evitato che le scelte sul management fossero condizionate da logiche di “cordata”, a me totalmente estranee.
Ed è con questo spirito che ho avviato un programma di visite ai nostri uffici territoriali, che mi ha consentito di raggiungere sinora oltre 60 Questure e numerose altre articolazioni territoriali. Da tutti questi incontri sono nati numerosi spunti parzialmente convogliati nel provvedimento governativo appena approvato che, realizzando la revisione dei ruoli delle quattro Forze di polizia, ha avviato uno storico processo di modernizzazione della Polizia di Stato.
Per tale progetto il governo, attraverso la legge di bilancio di quest’anno ha stanziato 977 milioni di euro rispetto ai 119 milioni a regime degli anni precedenti, rendendo possibile una molteplicità di interventi, impensabili con l’originario stanziamento Numerosi i benefici per il nostro personale, in termini di una progressione di carriera più veloce e semplificata che consente di intervenire sui processi e sulle spinte motivazionali, delineando una “carriera aperta dalla base”, e di attribuire a ciascun operatore significativi miglioramenti economici.
Sono particolarmente lieto che tutto ciò avvenga proprio in concomitanza con la ricorrenza del 165° anniversario della fondazione della Polizia di Stato, che riveste una doppia valenza simbolica. In primo luogo perché viene celebrato il 10 aprile, data che sarà da oggi e per gli anni a venire, la giornata per la celebrazione della nostra Festa. Siamo riusciti, infatti, a sanare un vulnus che colpiva la Polizia di Stato, unica Forza a non avere una data certa per la ricorrenza della sua fondazione. La scelta di tale giornata, intende riaffermare il nostro inscindibile legame con la Legge 121, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, appunto il 10 aprile del 1981 e che conserva tuttora la sua sistemica attualità.
Ma questa edizione della Festa assume un ulteriore valore simbolico perché finalmente torniamo a festeggiarlo tra i nostri concittadini. Negli ultimi anni, infatti, la nostra ricorrenza si è svolta all’interno delle nostre strutture, in adesione a indirizzi governativi preoccupati che tali celebrazioni potessero trasformarsi in sterili esibizioni muscolari incompatibili con il giusto rigore di bilancio. Ma il nostro “esserci sempre” trova ragione solo se declinato tra i nostri concittadini, nelle piazze delle nostre città. Ed è per questo che abbiamo chiesto di poter tornare a festeggiare la ricorrenza della nostra fondazione nel centro delle città, con modalità ispirate ai giusti principi di moderatezza, ma comunque tra il calore dei nostri concittadini, veri destinatari del nostro lavoro quotidiano.
È evidente che a tali riconoscimenti ed attestazioni di fiducia del Governo e delle Istituzioni tutte, debba corrispondere un rinnovato impegno da parte nostra. Ed è in questo senso che, dal punto di vista organizzativo, abbiamo avviato un processo di riorganizzazione dell’architettura del Dipartimento della Pubblica Sicurezza e stiamo per avviare una analoga iniziativa anche per gli Uffici territoriali, per garantire una più razionale distribuzione dei presidi di polizia sul territorio ed un più efficiente impiego delle risorse umane e strumentali.
Ma al contempo abbiamo rivisitato le procedure di controllo interno, con la creazione di un Ufficio Affari Interni. Perché il sospetto non può offuscare in alcun modo l’agire quotidiano dei nostri operatori. Troppe volte a fronte di condotte dubbie, del nostro personale, abbiamo rinunciato alle nostre prerogative, delegando ad altri il compito di accertare ed eventualmente punire. Questo è il tempo di riappropriarci di questa delicata funzione. Per restituire, in primo luogo, la dignità a quei poliziotti che hanno visto ingiustamente infangata la propria reputazione.
Noi saremo sempre al fianco di questi colleghi.
Di converso dovremo essere inflessibili con coloro che infangano la nostra divisa. Evitando atteggiamenti buonisti che hanno come unico effetto quello di inoculare il germe della sfiducia dei cittadini verso la nostra giubba.
Dobbiamo, al contrario, riappropriarci del nostro orgoglio di indossare una divisa alla quale i nostri concittadini si rivolgono con grandi aspettative. Una uniforme per la quale, purtroppo, anche quest’anno dobbiamo registrare un pesante tributo, poiché molti colleghi hanno sacrificato per essa la propria vita. Sino ad ora questo spirito identitario è stato soprattutto garantito da alcune nostre articolazioni che hanno saputo costruire, sulla base di un unanime riconoscimento di competenza e preparazione professionale, un autonomo spirito di identità.
Penso in primo luogo alla Polizia Stradale, per la quale quest’anno ricorre il 70° anniversario della fondazione, ai vari circuiti investigativi, alla Polizia Postale e delle Comunicazioni, che in poco tempo è riuscita ad affermarsi quale centro di eccellenza anche a livello internazionale, alla Polizia Ferroviaria che in questo 2017 festeggia, con i suoi 110 anni, una lunga e non sempre riconosciuta attività.
Quello che ora vorrei realizzare insieme a voi è passare, consentitemi il gioco di parole, dalle Polizie alla Polizia. Dobbiamo cioè riuscire a fondere queste articolazioni in una identità unitaria, quella dell’appartenenza alla famiglia della Polizia di Stato.
E vorrei che questo processo fosse accompagnato dalle organizzazioni sindacali, che ringrazio anche per il contributo fornito in occasione delle complesse fasi che hanno caratterizzato il procedimento di riordino delle carriere. A loro, pur consapevole dei necessari distinguo, rivolgo l’invito ad accompagnare questa fase di rinnovamento con un parallelo processo di rivisitazione delle modalità di dialettica sindacale.
Troppe volte ho visto paladini dei diritti dei poliziotti, piegare le giuste istanze della nostra gente, a logiche di bassa bottega, posponendo il rispetto dell’Istituzione, che ricordo, a tutti noi, è il segno distintivo della Funzione pubblica che la Repubblica ci affida, al conseguimento di effimeri consensi, magari all’approssimarsi delle scadenze del tesseramento interno.
È diventata improcrastinabile una riflessione sugli effetti della spettacolarizzazione delle nostre, talora solo, asserite carenze che, a mio parere, producono quale unico effetto la diffusione di una immagine immeritatamente sgangherata di noi stessi. Si finisce così solo per svilire i quotidiani sacrifici affrontati dalle nostre donne e dai nostri uomini, contribuendo a diffondere tra la cittadinanza un senso di sfiducia verso l’efficienza della Polizia di Stato.
Vi lascio condividendo con voi la storia di Giancarlo Pullano, un Ispettore Capo in servizio presso le volanti della Questura di Cosenza che ho incontrato qualche giorno fa. Mi sono congratulato con lui per aver salvato la vita di una bambina che rischiava di morire a causa di una improvvisa crisi respiratoria. In quell’occasione ho scoperto che l’Ispettore si è da tempo laureato in medicina, professione che ha messo al servizio del volontariato. Ebbene, nonostante la sua qualifica gli consentirebbe di ambire ad altri Uffici, l’Ispettore Pullano si “ostina” a voler fare il poliziotto sulle volanti, perché quello ritiene sia la vera essenza della nostra missione, al perenne servizio del cittadino.
È questa la Polizia di Stato che vorrei, fatta da operatori che nella loro normalità svolgono un servizio straordinario per il Paese, perché si può essere “eroi per caso”, non si è mai “donne” e “uomini” e, conseguentemente, “buone poliziotte” e “buoni poliziotti” per caso. Auguri a tutti noi. ϖ