Guido Beltramini* - Giancarlo De Leo - Roberto Donini - Simonetta Zanzottera

Identikit di un artista

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La Scientifica svela il vero volto del Palladio

ins 02/17

Il volto dell’architetto
di Simonetta Zanzottera

Quando Andrea Palladio pubblicò il suo trattato “I Quattro Libri dell’Architettura” era il 1570, all’epoca tra gli autori era molto di moda farsi pubblicità veicolando, attraverso le opere, anche la propria immagine. 

Lui non l’ha fatto, forse perché non voleva legare a un volto e a un’epoca il suo trattato.

Allora tutto nasce da un’assenza: l’assenza del volto.

Non si deve però pensare al Palladio come a un Banksy nostrano e ante litteram, perché si sa con certezza, ne parla Vasari nell’edizione del 1568 delle sue “Vite”, che esiste un ritratto cinquecentesco, opera del pittore veronese Orlando Flacco, che lo raffigura. La sua immagine è inoltre ritratta in un altro quadro, attribuito a Jacopo Tintoretto, che compare nell’inventario di una collezione di dipinti in possesso di un gioielliere tedesco.

Entrambi i ritratti, però, sembrano spariti.

Visto l’enorme successo riscosso dal trattato palladiano, che dall’Italia si diffuse in tutto il mondo e la notevole produzione di architetture ideate e costruite dall’architetto, che ancora oggi – dopo più di cinque secoli – continuano a suscitare forti emozioni, a un certo punto si rese fondamentale sostituire all’immagine fantasiosa del Palladio una rispondente alla realtà. 

Gli inglesi la inventarono nel Settecento, inserendo nella prima traduzione del trattato del Palladio un suo improbabile ritratto (in cui è effigiato senza barba, con camicia aperta e turbante) che affermavano – e non certo in buona fede – si basasse su un ritratto di Paolo Veronese, amico e collaboratore del grande architetto. In risposta gli italiani pubblicarono sulla guida al Teatro Olimpico del 1733 un’immagine del Palladio che l’autore diceva di aver copiato da un ritratto presente alla Rotonda.

Il ritratto, però, sembra sparito.

In occasione della recente acquisizione di un busto marmoreo dell’architetto, realizzato in puro stile neoclassico e proveniente dalla bottega del Canova, il Cisa (Centro Internazionale di studi di architettura Andrea Palladio) di Vicenza, centro dell’attività del Palladio, avvia la ricerca del vero volto. I risultati sono in mostra in questi giorni e fino al prossimo 4 giugno negli spazi del Palladio Museum di Vicenza. La mostra Andrea Palladio. Il mistero del volto nasce dalla collaborazione fra il Cisa e la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza ed è visitabile gratuitamente dagli appartenenti alle forze di polizia.

 «Lavorando alla mostra ci rendevamo conto che la ricerca del vero volto del Palladio stava diventando sempre più simile a un’indagine - osserva Guido Beltramini, direttore del Cisa, del Palladio Museum e curatore della mostra – si è pensato allora di rivolgersi ai veri professionisti del settore: la polizia scientifica», che pur sottolineando tutti i limiti che può comportare operare su pitture, peraltro antiche, ha accettato la proposta. Si è scelto di procedere su due binari paralleli, gli storici da una parte, i poliziotti dall’altra. 

Si è aperta allora una vera e propria “caccia al volto” che ha svelato falsificazioni, raggiri e cantonate da parte degli storici ma - colpo di scena - ha oggi finalmente portato alla conoscenza del vero volto di Andrea Palladio. Si può ora constatare come la Scientifica, attraverso esami comparativi fisionomici e l’applicazione dell’age progression, abbia fornito il suo importante contributo alla ricerca del vero volto dell’architetto.

 

L’indagine della Scientifica
di Simonetta Zanzottera

L’indagine della polizia scientifica parte da 9 immagini di opere pittoriche di autori ed epoche varie, provenienti da diverse zone del mondo. Raffigurano tutte la stessa persona? Sicuramente no. 

Infatti già dopo un esame preliminare viene scartato il ritratto contrassegnato dalla lettera C mentre le restanti opere sono suddivise in due gruppi: uno formato dalle immagini BDEG, l’altro dalle opere contraddistinte dalle lettere FHI. Sui ritratti di ciascuno dei due gruppi sono poi effettuati esami comparativi fsionomici, analizzando e mettendo a confronto, anchecon l’ausilio di software specifici, i dettagli dei volti, la fronte, le sopracciglia, le palpebre, gli occhi, il naso e la forma del viso. Da entrambe le comparazioni emerge che le immagini costituenti i singoli gruppi rappresentano la stessa persona. Viene allora effettuata la comparazione fra i due gruppi, da cui si scopre che i due volti appartengono a due persone diverse. 

Ancora un po’ di suspense e forse conosceremo il vero volto perché l’indagine continua e si torna al ritratto contrassegnato con la lettera A che, applicando la metodologia dell’age progres

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03/02/2017