Antonio Massimo Marra*

I principi chiave del diritto amministrativo

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1. Che cos’è il diritto amministrativo?
Il diritto amministrativo è una branca del diritto pubblico che regola l’organizzazione, il funzionamento e l’attività della pubblica amministrazione (Pa).

In particolare le norme di diritto amministrativo regolano:
come è strutturata una Pa; 
quali sono gli interessi pubblici che essa persegue; 
quali modalità può utilizzare per la sua azione;
i rapporti tra il privato e l’autorità amministrativa; 

Ad esempio il diritto amministrativo definisce il modo in cui è articolato internamente un ministero, regola i procedimenti amministrativi che le pubbliche amministrazioni svolgono (di tipo autorizzatorio es rilascio permesso di soggiorno), individua i tipi provvedimenti amministrativi che una Pa può emettere, etc.
Per azione amministrativa si intende l’attività attraverso la quale gli organi della Pa (apparato statale, regioni, enti locali e altri enti pubblici) provvedono a perseguire gli interessi di natura collettiva ad essi affidati dall’ordinamento.
La cura di tali interessi ad opera della Pa non si realizza sempre ed esclusivamente attraverso gli strumenti del diritto pubblico, e di conseguenza, si parla di attività amministrativa in senso stretto quando si intende fare riferimento a quella attività di amministrazione che viene svolta attraverso gli strumenti di tale ramo del diritto.
Il diritto amministrativo è definito tradizionalmente (Sandulli) come “…quel corpo autonomo di norme che regolano l’organizzazione della pubblica amministrazione nonché l’azione da essa svolta con l’efficacia e il valore formale degli atti amministrativi e i rapporti nei quali essa interviene nella veste di autorità amministrativa”. È un ramo del diritto pubblico, e cioè del diritto proprio degli enti pubblici quando agiscono nella veste di soggetti titolari di posizioni di supremazia dotati di poteri autoritativi.

Il concetto di attività amministrativa “in senso stretto” si riferisce, dunque, all’attività di amministrazione espletata da una pubblica amministrazione in regime di diritto amministrativo, quale complesso di regole disposte per la sua organizzazione e per lo svolgimento dei relativi compiti istituzionali. 

Il diritto amministrativo si caratterizza pertanto, rispetto agli altri rami del diritto, per i seguenti elementi:
a) la presenza di una autorità amministrativa che agisce utilizzando pubblici poteri (posizione di sovraordinazione);
b) l’adozione di un l’atto amministrativo quale strumento di azione;
c) la posizione sott’ordinata del privato, titolare di un mero interesse legittimo.

Contrariamente a ciò che accade nel diritto civile, nel cui ambito il rapporto giuridico tra due soggetti avviene, in linea di principio, su un piano di parità (anche nel caso dei cosiddetti diritti potestativi), nel diritto amministrativo si crea un rapporto di sovraordinazione/subordinazione, fondato sul principio dell’autorità, che vede attribuito alla Pa il potere di sacrificare unilateralmente i diritti del soggetto estraneo ad essa e che con questa entra in rapporto.

Negli ultimi anni molto è cambiato con riferimento a questa tradizionale concezione pubblicistica, soprattutto nella visione di quella che deve essere la moderna pubblica amministrazione e di quelle che devono essere le regole della sua azione. 

Affermando che le pubbliche amministrazioni ed i pubblici dipendenti operano al servizio della collettività si abbandona il modello amministrativistico che vedeva invece la Pa collocata in posizione sempre sovraordinata rispetto agli altri soggetti dell’ordinamento che con essa entravano in rapporto. 

Attraverso la concezione più moderna si distinguono, invece, le amministrazioni rispetto ai loro organi di direzione politica ponendole sotto il controllo diretto della collettività utente, attraverso strumenti tipici dell’imprenditoria privata e del diretto riscontro con le regole del mercato (standard minimi per l’erogazione delle prestazioni, raffronti costi/benefici dell’azione amministrativa, adozione del modello concorrenziale nello svolgimento delle attività amministrative, responsabilità gestionale per risultati etc.).

La caduta del segreto d’ufficio costituisce un altro passo in avanti nella direzione appena esposta. Il principio della segretezza degli atti, specialmente di quelli istruttori, era tipico del diritto amministrativo, poiché connesso con l’esercizio di una funzione autoritativa. A volte, costituiva una vera e propria cortina fumosa che rendeva impenetrabile l’interno delle amministrazioni e inattaccabile il relativo operato anche in caso di indiscriminata violazione dei diritti della collettività.

Il momento procedimentale ha, poi, sostituito quello provvedimentale nello svolgimento dell’azione amministrativa. Il cuore dell’azione amministrativa era costituito in passato dal provvedimento amministrativo, quale espressione del potere attribuito alla Pa di incidere unilateralmente sulle situazioni giuridiche degli amministrati (rectius: oggi utenti). Il provvedimento ha attualmente lasciato spazio al procedimento (inteso come la forma della funzione amministrativa) ed alla figura del suo responsabile, quale momento di fusione e di contemperamento della molteplicità di interessi, pubblici e privati, coinvolti nell’agire amministrativo ed è stata prevista la possibilità che il procedimento stesso si concluda attraverso negozi di natura contrattuale. 

Non si può, infine, tacere sulla rimozione di quella pietra angolare rappresentata dalla non risarcibilità dei danni provocati per la lesione di interessi legittimi. L’immunità da responsabilità civile per la lesione di un interesse legittimo ha rappresentato parte di quella connotazione autoritativa caratterizzante il nostro diritto amministrativo. Il principio si fondava sulla concezione dell’immunità dello Stato sovrano e trovava diretto riscontro nell’art. 28 della Carta costituzionale.

Si assiste in altri termini alla trasformazione dal provvedimento all’accordo, tenuto conto che l’affermazione progressiva di una società pluralista caratterizzata dalla costante emersione di una molteplicità di interessi pubblici, privati e diffusi, la presa di coscienza dei singoli e dei gruppi organizzati e la piena attuazione dei principi di trasparenza e partecipazione, hanno determinato il venir meno della centralità del provvedimento nell’attività amministrativa. 

Anche a seguito della L. 241/90, nasce in realtà un nuovo sistema di gestione dell’interesse pubblico secondo modelli concordati. 

1.1 Il principio di legalità
Il principio di legalità comporta che qualunque azione dei pubblici poteri deve trovare fondamento in una norma di legge, che per definizione promana dal Parlamento, organo rappresentativo del popolo in quanto dallo stesso liberamente eletto.

Quindi la Pa può esercitare solo i poteri previsti dalla legge, cioè può fare solo ciò che la legge le prescrive e/o le permette di fare.

Il principio di legalità nella storia del diritto corrisponde a una precisa “garanzia di libertà” per il cittadino: un’autorità che agisce arbitrariamente, senza limiti, ha il potere di sopprimere le libertà, mentre un potere pubblico subordinato democraticamente alla legge (e quindi al Parlamento) deve per definizione rispettare la libertà del cittadino. 

In particolare, nel diritto amministrativo il principio che la Pa è soggetta alla legge garantisce il cittadino contro gli atti amministrativi illegittimi (abusi).

Il principio di legalità è sancito nell’art. 97 della Costituzione, ove si prevede che “i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”, inoltre è riconosciuto espressamente dall’art. 1 della legge n. 241/90, secondo cui “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”.

Si ricordi che il principio di legalità opera anche e prima di tutto nel diritto penale, garantendo la libertà del cittadino contro l’arbitrio del potere (v. art. 25 Cost. e art. 1 del codice penale) e nell’ambito dell’illecito amministrativo (v. art. 1 legge 689/81). 

1.2 La trasparenza dell’attività amministrativa
Nel moderno Stato democratico (cd. Stato di diritto) la Pa passa da “muro di gomma” a “palazzo di vetro” (Turati). L’immagine rende bene l’idea di una Pa che deve essere sempre più trasparente agli occhi del cittadino, il quale dovrebbe avere la possibilità di guardarci dentro e controllare come si svolge il lavoro dei pubblici funzionari, rendendosi conto dei motivi dei provvedimenti (si pensi a chi partecipa a un concorso pubblico e non lo supera: oggi, esercitando il diritto di accesso, può vedere gli atti del concorso, la prova scritta svolta e rendersi conto degli errori commessi).

La trasparenza dell’attività amministrativa è un’importante conquista, tanto più se si pensa che nel passato era pressoché impossibile capire le motivazioni dei provvedimenti amministrativi e ci si doveva rassegnare ed accettare il segreto del potere, dell’attività amministrativa; quindi non era possibile un dialogo in posizione di parità, un confronto tra cittadino e Pa, che dall’alto del suo potere prendeva decisioni inaccessibili dal basso. 

L’art. 1 della legge 241/90 riconosce espressamente la trasparenza dell’attività amministrativa, che si concretizza nei seguenti assunti:

obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo (art. 3 della legge n. 241/90): ad esempio, se il questore nega il rilascio di un passaporto o di un permesso di soggiorno, deve indicarne i motivi nel provvedimento di diniego;

pubblicità degli atti amministrativi (es. le graduatorie dei concorsi);

partecipazione dei privati al procedimento amministrativo: si pensi che la Pa deve comunicare l’inizio di un procedimento agli interessati (art. 7 legge 241/90), che possono presentare osservazioni e documentazione a loro favore (es. la contestazione degli addebiti non è altro che comunicazione dell’avvio del procedimento disciplinare all’interessato, che entro il termine di 10 giorni può presentare le proprie giustificazioni per discolparsi);

diritto di accesso: il cittadino ha diritto di vedere ed estrarre copia degli atti amministrativi a cui è interessato.

Sul piano organizzativo la trasparenza amministrativa è curata dagli uffici di relazione con il pubblico (urp), previsti dall’art. 11 dlgs 165/2001, che provvedono, tra l’altro, a rilasciare informazioni agli utenti; il responsabile del procedimento, soggetto interno all’amministrazione procedente, che il cittadino può individuare e contattare.

1.3 Altri principi del diritto amministrativo
L’art. 95 della Costituzione stabilisce che “la legge provvede all’ordinamento della Presidenza dei Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri”. 

Quindi l’organizzazione dei ministeri non può essere decisa in piena autonomia dalle amministrazioni con propri regolamenti, ma in parte è predeterminata direttamente dalla legge. 

Il principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione) o, più semplicemente, di “buona amministrazione”, comporta che l’attività della Pa è necessariamente finalizzata alla cura dell’interesse pubblico e che la stessa deve conformarsi ai criteri di economicità, efficacia, efficienza e rapidità.

Il principio di imparzialità deve intendersi come dovere di evitare disparità di trattamento tra i cittadini, quindi sia come divieto di qualsiasi forma di favoritismo nei confronti di alcuni soggetti, sia come ugual diritto di tutti i cittadini ad accedere ai servizi erogati dalla pubblica amministrazione. In particolare, l’art. 97 della Costituzione impone alla Pa di svolgere la propria attività nel pieno rispetto della giustizia (quindi il principio di imparzialità trova fondamento, oltre che nell’art. 97, anche nell’art. 3 della Costituzione, che sancisce l’uguaglianza tra tutti i cittadini).

Un’altra importante previsione è contenuta nell’art. 118 della Costituzione, che ha introdotto nel nostro ordinamento ulteriori principi, di seguito indicati.

Il principio di sussidiarietà esalta il ruolo dei cosiddetti corpi intermedi che si trovano a operare “nel mezzo” tra il singolo cittadino e lo Stato (parliamo soprattutto dei comuni e delle regioni): se questi sono in grado di svolgere una funzione sociale o di soddisfare un bisogno collettivo, lo Stato deve sostenerli, anche finanziariamente, avendo cura di coordinarli. 

La cosiddetta “sussidiarietà verticale” implica il trasferimento di compiti e funzioni amministrative dallo Stato alle regioni e agli altri enti locali, per definizione considerato più vicini ai cittadini interessati. 

La sussidiarietà orizzontale si rinviene invece laddove l’art. 118 prevede che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Quindi, con quest’ultimo principio il legislatore stabilisce che è comunque preferibile, dove possibile, soddisfare i bisogni pubblici tramite l’attività dei privati piuttosto che con quella della Pa.

Il principio di differenziazione nel diritto amministrativo stabilisce che il legislatore, quando assegna una potestà ad una pubblica amministrazione, deve individuare quella più adatta tenendo conto delle caratteristiche demografiche, territoriali, associative e strutturali che possono variare anche in misura notevole nella realtà del Paese.

Il principio di adeguatezza stabilisce che l’ente pubblico titolare di una potestà amministrativa deve essere dotato anche di un’organizzazione adatta a garantire l’effettivo esercizio di tale potestà. Dalla combinazione di questo principio con quello di sussidiarietà, si ricava che se l’ente territoriale cui è affidata una funzione amministrativa (che dovrebbe essere quello più vicino al cittadino amministrato) non ha la struttura organizzativa per rendere il servizio, questa funzione deve essere attribuita all’entità amministrativa territoriale superiore.

Il principio del decentramento amministrativo e del riconoscimento delle autonomie locali è sancito all’art. 5 della Costituzione: la Repubblica, seppure una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, attua il decentramento amministrativo dei servizi, ispira la propria legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento, cioè del conferimento di poteri non solo ad organi centrali.

Il principio della responsabilità della pubblica amministrazione comporta che Stato ed enti pubblici sono responsabili per i fatti compiuti dai propri dipendenti (art. 28 Cost.).

L’ art. 98 della Costituzione sancisce che i pubblici funzionari sono al servizio esclusivo della Nazione, operano per il bene dei cittadini e non sono asserviti alla politica.

Il principio di leale cooperazione regola le relazioni organizzative tra amministrazioni pubbliche (il riferimento normativo è rappresentato dall’ art. 120 della Costituzione).

Il principio di proporzionalità dell’attività amministrativa prevede che i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici.

In ragione di tale principio, quindi, ogni provvedimento utilizzato dalla pubblica amministrazione, specialmente se sfavorevole al destinatario , dovrà essere allo stesso tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge. Conseguentemente, ogniqualvolta sia possibile operare una scelta tra più mezzi alternativi, tutti ugualmente idonei al perseguimento dello scopo, andrebbe sempre preferito quello che determini un minor sacrificio per il destinatario, nel rispetto del giusto equilibrio tra vari interessi coinvolti nella fattispecie concreta. specie in materia disciplinare. 

Gli artt. 103 e 113 della Costituzione sanciscono il principio della tutela giurisdizionale del privato contro gli atti della pubblica amministrazione; pertanto contro tali atti è sempre possibile ricorrere al giudice per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi lesi. 

 

2. La discrezionalità amministrativa
Si è detto che, nel rispetto del principio di legalità, la Pa può esercitare solo i poteri previsti dalla legge, cioè può fare solo ciò che la legge le prescrive e/o le permette di fare.

Ma la legge non può prevedere sempre tutto quello che l’amministrazione può e deve fare, perché si muove a livello generale e astratto (ad esempio stabilisce che un sussidio va dato al più meritevole e individua in generale dei criteri di scelta), mente l’amministrazione deve gestire le situazioni concrete (ad es. stabilire chi in concreto è il più meritevole).

Quindi esiste spesso uno spazio in cui la Pa è più o meno libera di effettuare proprie valutazioni e scelte; questo spazio si chiama discrezionalità amministrativa e può essere

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10/01/2017