Stefano Fabbri*
Capitale dell'arte
Firenze città dalla vocazione internazionale, tra valorizzazione del passato e spinta all’innovazione
Ha resistito alle guerre, dall’assedio dell’esercito di Carlo V all’ultimo conflitto mondiale, alle ferite più recenti, come l’attentato di via dei Georgofili, alla furia dell’Arno che proprio 50 anni fa, il 4 novembre del 1966, invase la città sfregiandola di fango. Firenze, in fondo, ha resistito un po’ anche a se stessa. Fin dalle lotte tra Guelfi e Ghibellini. Scontrosa e litigiosa per natura, ma sempre pronta a ritrovarsi nei momenti più critici. Il paradigma più contemporaneo è forse proprio quello dell’alluvione di mezzo secolo fa, quando fu concreto il rischio di restare in ginocchio nel bel mezzo degli anni della crescita economica e di azzerare un patrimonio culturale secolare. Dopo l’incredulità e le lacrime, fu subito solidarietà, aiuto, sostegno reciproco, la riscoperta di una identità che trovò una salutare contaminazione tra cittadini, militari, agenti di polizia, vigili del fuoco e, soprattutto, con quegli angeli del fango giunti da ogni angolo del pianeta, molti dei quali quest’anno torneranno nella “loro” città di adozione. La vocazione internazionale, a dire il vero, Firenze l’ha sempre avuta da quando la “gente nova”, a cominciare dai Medici, la trasformò in capitale dei commerci e delle arti. E questo tratto l’ha mantenuto nei secoli. Oggi i viaggiatori da “camera con vista” hanno lasciato il posto ai grandi flussi turistici, che ogni tanto fanno sentire Firenze un po’ prigioniera del proprio passato, e al massiccio arrivo di stranieri. Fenomeni connessi a crescite e crisi, che contribuiscono ad acuire alcune contraddizioni di una città e di un territorio qualche volta in affanno. Scompaiono le botteghe artigiane per lasciare posto alle griffe internazionali anche se diverse di esse nate all’ombra di Palazzo Vecchio e della cupola del Brunelleschi. Ricchezza e sviluppo sembrano sempre più legati alla valorizzazione dell’eredità del passato, dalla quale fa però capolino una spinta all’innovazione. E questo vale per l’immenso patrimonio artistico, ma anche per le imprese di quei tecnici così specializzati, si diceva un tempo, capaci di “fare gli occhi alle pulci”. C’è la ricerca di un “nuovo Rinascimento” che, nonostante gli sforzi, stenta a farsi trovare mentre l’impatto con la crisi economica pone di fronte a due forti tentazioni: arrendersi o trasformare la città in una specie di Disneyland. Eppure le oltre 300mila persone che vivono nel capoluogo e le altrettante del territorio che lo circonda e che, su un confine leggibile solo sulle carte topografiche, comprende Empoli e tocca la vicina Prato, hanno avuto e hanno ancora opportunità fortunate rispetto a tante altre città italiane. Niente di regalato, intendiamoci. Ma i grandi fenomeni di criticità degli ultimi 50 anni hanno solo sfiorato Firenze. Il terrorismo degli Anni ’70 ha avuto qui solo le sue “retrovie”, anche se i suoi colpi di coda hanno causato la morte dell’ex sindaco Lando Conti e dell’agente Emanuele Petri nella vicina Arezzo. Oggi, su questo fronte, l’attenzione è più orientata sul terrorismo internazionale. «Innanzitutto – spiega il questore di Firenze Alberto Intini – è necessario avere la consapevolezza che la minaccia terroristica di carattere internazionale esiste e, per tale ragione, il livello di allerta deve essere sicuramente elevato. Allo stesso tempo, però, occo