a cura di Mauro Valeri
In nome della legge
Cassazione penale
Mezzi di ricerca della prova – Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – In genere – Intercettazioni ambientali – Esecuzione delle operazioni tramite virus informatico – Attivazione del microfono di apparecchio telefonico smartphone – Legittimità – Condizioni
In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni tra presenti, eseguite per mezzo dell’installazione di un “captatore informatico” in dispositivi elettronici portatili (personal computer, tablet o smartphone), le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato i seguenti principi di diritto:
> deve escludersi la possibilità di compiere intercettazioni nei luoghi indicati dall’art. 614 cp con il mezzo indicato in precedenza, al di fuori della disciplina derogatoria per la criminalità organizzata di cui all’art. 13 dl n. 152 del 1991, convertito in legge n. 203 del 1991, non potendosi prevedere, all’atto dell’autorizzazione, i luoghi di privata dimora nei quali il dispositivo elettronico verrà introdotto, con conseguente impossibilità di effettuare un adeguato controllo circa l’effettivo rispetto del presupposto, previsto dall’art. 266, comma 2, cpp, che in detto luogo “si stia svolgendo l’attività criminosa”;
> è invece consentita la captazione nei luoghi di privata dimora ex art. 614 cp, pure se non singolarmente individuati e se ivi non si stia svolgendo l’attività criminosa, per i procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata, anche terroristica, secondo la previsione dell’art. 13 dl n. 152 del 1991;
> per procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata devono intendersi quelli elencati nell’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cpp nonché quelli comunque facenti capo a un’associazione per delinquere, con esclusione del mero concorso di persone nel reato.
(Sez. Unite – 28 aprile 2016 n. 26889)
Patteggiamento in genere – Atteggiamento – In genere – Accordo concernente un reato prescritto – Effetti – Rinuncia alla prescrizione – Esclusione – Necessità di una dichiarazione espressa
In tema di accordo sulla pena raggiunto con riferimento a reato già prescritto, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il seguente principio di diritto: ai fini del valido esercizio del diritto di rinuncia alla prescrizione è necessaria la forma espressa, che non ammette equipollenti, sicché la richiesta di applicazione della pena da parte dell’imputato, o il consenso prestato alla proposta del pubblico ministero, non possono di per sé valere come rinuncia.
(Sez. Unite – 25 febbraio 2016 n. 18953)
Reati contro il