Fabrizio Ciprani*

Scomode verità e cure alternative

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In Italia, un quinto dei malati oncologici si affida a presunte terapie miracolose dai costi esagerati e dai risultati inattendibili

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L’esperienza di una malattia grave, per sé e per i propri cari, rappresenta un momento particolare nel percorso di vita di ogni individuo. L’idea che la “scadenza” naturale della vita si avvicini, il timore e spesso la certezza che poco o nulla possa contrastare questa realtà, può indurre ai più svariati atteggiamenti: rifiuto, rabbia, rassegnazione, fuga, lotta. Spesso tali reazioni si susseguono e variano nel tempo, condizionate dai diversi momenti che accompagnano la malattia (esito degli accertamenti, esordio di nuovi sintomi, necessità di cure e interventi debilitanti, effetti collaterali e fallimento delle terapie).

La medicina, oggi, si fonda sulle prove scientifiche e prende spunto, per le proprie strategie di contrasto alle malattie, da rigorosi studi su una gran massa di pazienti che forniscono conclusioni di tipo statistico. 

Se però l’approccio tra medico e paziente risulta carente, ed è seguito da risultati deludenti, e dalla progressione della malattia, è comprensibile e lecito che il malato e i suoi cari consultino altri medici ed esplorino altre alternative terapeutiche non tradizionali che, in una non irrilevante percentuale dei casi, possono essere anche truffaldine. In Italia, purtroppo, quasi un quinto dei pazienti oncologici, nel percorso della loro malattia, si affida a terapie non riconosciute dalla medicina ufficiale.

Senza citare l’innumerevole numero dei casi di “cure miracolose” che si sono susseguite nella storia della medicina, è tuttavia possibile estrapolare da tutte le esperienze storiche alcune “regole” che potrebbero esserci d’aiuto per non incorrere in brutte avventure.

La prima di queste è che le “cure miracolose” ricalcano quasi sempre il razionale ed i progressi delle terapie ufficiali del momento. Così, negli Anni ’40 e ’50 del secolo scorso, in concomitanza con lo sviluppo dell’elettromagnetismo, andavano di moda le terapie tecnologiche basate su macchinari ritenuti in grado di agire sugli elettroni e sullo stato energetico delle cellule del sangue: i pazienti venivano curati con macchinari misteriosi, con tanto di lampadine e manometri. Negli Anni ’60 e ’70, con il progresso dei farmaci chemioterapici antiblastici (che inibiscono la crescita dei tumori, ndr), le “cure miracolose” erano essenzialmente costituite da farmaci, come il laetrile, sostanza inizialmente estratta dai noccioli di albicocca e poi modificata in laboratorio che, a causa della possibile intossicazione da cianuro, provocò gravissimi effetti collaterali. Negli Anni ’80 e ’90, sotto l’impulso delle nuove conoscenze dei modificatori della risposta biologica, emersero terapie miracolose per il cancro, capaci di interagire con il sistema immunitario, con meccanismi ultraselettivi e senza alcun danno apparente per il paziente (antineoplastoni). In questo ultimo periodo, caratterizzato dalla medicina rigenerativa, prevalgono terapie a base di cellule staminali e la memoria di quanto accaduto con il caso “Stamina” è davvero recente.

All’inizio degli Anni ’90, in un’ indagine dell’American cancer society, negli USA, i prescrittori di terapie non ortodosse dei tumori erano, nel 60%, proprio i medici e soltanto il 2%, di quelli di famiglia, sconsigliava i propri assistiti a ricorrere a tali metodiche. 

I promulgatori di terapie miracolose appartengono a tutti i ceti e le professioni: Liborio Bonifacio era un veterinario campano che, partendo dalla falsa osservazione che le capre non presentavano tumori, (in realtà anche loro sono colpite da molte forme neoplastiche), inventò un famoso siero, partendo dall’estrazione delle feci dalla capra macellata, poi mescolate con l’urina prelevata direttamente dalla vescica degli stessi animali, quindi diluite con acqua bidistillata, lasciate macerare e poi filtrate. È inutile ricordare in dettaglio questa storia e soprattutto le vicende umane e giudiziarie che si accompagnarono alle cronache italiane per almeno un ventennio.

Padre Romano Zago, del convento francescano di Betlemme, inventò invece un miscuglio miracoloso anticancro a base di aloe vera, arak (bevanda alcolica tipica dei Paesi mediorientali, ndr), ma in assenza andavano bene anche il whisky o la grappa, e miele di api.

Un ex venditore di gomme di nome Drosner produsse un estratto di grano ammuffito ad azione anticancerosa a Detroit, mentre un albergatore dell’Oklahoma diffuse un trattamento costituito da escremento di cavallo macinato e sciolto nel latte acido.

Negli Anni ’70 spopolò anche la cosiddetta “chirurgia psicologica”, capace di rimuovere un tumore semplicemente con la simulazione dell’atto operatorio a mani nude e la comparsa di sangue sulla regione trattata (in realtà si trattava di un colorante), sviluppatasi soprattutto nelle Filippine. Peccato che i tessuti rimossi dal corpo fossero frammenti che all’esame istologico si rivelavano essere stati conservati al di fuori dell’organismo e spesso putrefatti, mentre i calcoli estratti erano costituiti da sale da cucina o semplici sassolini già pronti prima dell’intervento. Se questi esempi sembrano grossolani e facilmente individuabili, nella loro reale portata, è invece sorprendente quanto sia stato complesso circoscriverne il significato e l’efficacia e, ancor di più, interrompere il commercio che talvolta girava intorno ad essi. Queste difficoltà sono ancor più rilevanti quando queste cure risultano propagandate da professionisti del settore, che utilizzano presidi ufficiali, seppure in miscele e modalità non validate e non sperimentate, come nel caso della terapia Di Bella e in “Stamina” o in quello che parte dalla falsa correlazione tra pratiche vaccinali e autismo. 

Un secondo elemento comune delle “cure miracolose” è rappresentato dalla premessa di curare il paziente e non la malattia, argomento che viene utilizzato per giustificare l’assenza di qualsiasi risultato scientificamente controllato e validato. Tuttavia, generalmente, l’indicazione della cura miracolosa è per tutte le forme della stessa malattia, senza approfondire il tipo istologico, lo stadio della malattia, la presenza di una complicazione piuttosto che di un’altra (terzo aspetto comune).

Una quarta regola che può essere desunta è l’atteggiamento di chi le reclamizza: si tratta di solito di personaggi carismatici, con grande carica umana, fautori della libertà individuale alle cure, affetti da vittimismo nei riguardi della medicina ufficiale e degli interessi economici che questa sottenderebbe. Figure capaci di conquistare la fiducia del paziente e se questi crede davvero che la cura sia efficace dar luogo al verificarsi di effetti positivi, anche se transitori. Seppure già Galeno, uno dei più grandi medici dei tempi antichi, sostenesse che “cura di più colui nel quale la gente ha più fiducia”, talvolta il medico sembra trascurare la grande importanza del rapporto psicologico con il malato e tutte le strategie utili per attivarne energia e risorse: questa può essere una criticità della medicina ufficiale e favorire il successo di approcci che, seppure non validi in termini sostanziali, utilizzano appieno questi strumenti naturali.

Su questo sfondo, comuni sono pure gli accadimenti che, piuttosto confusi, si susseguono: dapprima il tam-tam mediatico, oggi più che mai alimentato dal Web, amplificatore esponenziale di notizie, miti, dati e leggende che scorrono insieme senza filtri e senza possibilità alcuna di verifica e di controllo. Poi i viaggi della speranza, la corsa dei pazienti alla ricerca del trattamento, le testimonianze incontrollabili dell’efficacia e, a quel punto, l’affacciarsi prudente del mondo scientifico. L’atteggiamento di chi ha solide conoscenze, pur essendo ragionevolmente e comprensibilmente fondato sulla cautela e sulla possibilità, davanti all’incedere roboante del fenomeno, al chiasso delle false certezze, finisce per essere soccombente. A questo punto accadono generalmente due cose: la produzione del farmaco miracoloso o la somministrazione della terapia non possono essere garantite a tutti quelli che la richiedono, che versano in condizioni critiche e che non possono attendere e i costi delle cure, (spesso dapprima somministrate gratuitamente), diventano insostenibili per le tasche dei pazienti.

Allora i mass-media invocano l’intervento assistenziale dello Stato, sempre così attento ai bilanci, anche in campo sanitario. Subentra spesso la politica, pronta a cavalcare le esigenze dei cittadini più deboli e sfortunati.

Lo Stato “pretende” di comportarsi normalmente, nel senso che vorrebbe imporre alla cura miracolosa lo stesso iter di validazione di qualsiasi terapia, valutare prioritariamente che non sia tossica, e poi che sia efficace, in quali casi ed in quali dosi. Per far questo, ricorre a specialisti di comprovata esperienza nel settore, che applicano le rigide regole della sperimentazione e che vengono subitaneamente attaccati dai movimenti a sostegno della terapia. Sono accusati di essere collusi con il sistema imperante, di anteporre alla propria missione interessi personali di carriera e di soldi, di essere schierati pregiudizialmente contro la cura.

Con una certa costanza, subentra, inevitabilmente, la magistratura: il ricorso a tutte le cure è sacrosanto, è sancito dalla Costituzione. Nel dubbio si impone la somministrazione della terapia miracolosa, anche se la sperimentazione non è finita ancora o, peggio ancora, non ha evidenziato alcuna utilità e semmai effetti dannosi. Spesso tale imposizione è supportata da consulenti tecnici del tutto avulsi dalla materia, spesso le loro considerazioni non sono suffragate da alcuna evidenza.

Ma la decisione del giudice fortifica la convinzione della gente nell’efficacia della cura e la sfiducia nello Stato e nelle istituzioni scientifiche a cui questo si rivolge. Molto spesso, inoltre, i fautori delle cure miracolose, alla fine dei giochi, hanno subito pesanti condanne dalla stessa giustizia che li aveva sostenuti inizialmente. Così come, sono costanti e molto ingenti i danni di questi eventi, destinati a non finire mai: la sottrazione di un gran numero di pazienti alle efficaci cure tradizionali; il discredito gettato sulla medicina ufficiale; il grave impatto, mediato dall’emotività, sulla fiducia nella medicina ufficiale da parte della popolazione; la confusione che deriva dall’interferenza della magistratura con le corrette dinamiche della sperimentazione e il miraggio della libera scelta; infine i costi che gravano sui pazienti, spesso vittime di vere e proprie truffe e speculazioni, come se non bastasse tutto il dolore e la sofferenza che la malattia ha già portato loro. ϖ

*direttore del Servizio affari generali della Direzione centrale di sanità 

31/10/2016