Renato Biondo e Alessandra La Rosa

Banca dati nazionale del Dna

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Storia, funzionamento e tecnologie

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1. nascita e scopi della BDN-Dna

Il disco verde è arrivato all’inizio dell’estate 2015, quando il Consiglio dei Ministri n.72, la mattina del 3 luglio ha deliberato l’approvazione di un regolamento per disciplinare le modalità di funzionamento e di organizzazione della BDN-Dna, acronimo di Banca dati nazionale del Dna, da istituirsi presso il Dipartimento della pubblica sicurezza, Direzione centrale polizia criminale, Servizio per il sistema informativo interforze. Un vero e proprio via libera all’istituzione di una banca dati che renderà possibile procedere alla raccolta dei profili del Dna dei soggetti colpiti, nell’ambito di un procedimento penale, da un provvedimento restrittivo della libertà personale disposto dall’autorità giudiziaria. Sarà, inoltre, possibile procedere al successivo confronto con i profili del Dna non identificati acquisiti dai reperti biologici trovati sulla scena del crimine dalla polizia giudiziaria al fine di facilitare l’identificazione degli autori dei delitti.

La BDN-Dna consentirà inoltre all’autorità giudiziaria e alla polizia giudiziaria di interrogare e ricevere interrogazioni di profili del Dna dalle omologhe banche dati internazionali per le finalità di collaborazione internazionale di polizia in adesione al Trattato di Prüm ed alle cosiddette “Decisioni di Prüm” (le Decisioni quadro del Consiglio dell’Unione europea 2008/615/GAI e 2008/616/GAI ) allo scopo di contrastare il terrorismo e la criminalità transfrontaliera.

Un’altra data fondamentale nella lunga corsa alla realizzazione della banca dati nazionale è sicuramente il 6 ottobre 2015, giorno in cui le competenti Commissioni parlamentari hanno espresso parere favorevole, con osservazioni, all’atto del Governo n.202 riguardante lo schema di regolamento sulla Banca dati. In tal modo si è concluso l’iter parlamentare previsto dalla legge 30 giugno 2009, n.85 e si è aperta la strada alla creazione, per la prima volta in Italia, di una banca dati nazionale del Dna a fini giudiziari che provvederà altresì alla raccolta dei profili del Dna di persone scomparse o loro consanguinei e al raffronto con quelli raccolti da cadaveri e resti cadaverici non identificati, al fine di dare un nome ad alcuni dei corpi che giacciono da tempo negli obitori o negli Istituti di medicina legale.

Visto che la Banca dati nazionale del Dna raccoglierà i profili provenienti da laboratori accreditati a norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025, nel corso del 2017 alcuni dei servizi offerti dalla BDN-Dna saranno anche loro certificati, questa volta a norma ISO 9001:2015 ed orientati allo standard di qualità della sicurezza delle informazioni ISO/IEC 27001.

2. Come funziona la banca dati dal punto di vista della privacy

Uno degli scopi di questo inserto è sicuramente quello di spiegare il  funzionamento della banca dati, ma anche di illustrarne le principali caratteristiche tecniche. Caratteristiche che fanno della BDN-Dna italiana uno strumento di indagine all’avanguardia per la magistratura e per le forze di polizia, sia dal punto di vista tecnologico che dal punto di vista della certezza e sicurezza dei dati.  La citata legge 30 giugno 2009, n.85 all’articolo 5, comma 1 definisce, senza ombra di dubbio, lo scopo principale della BDN-Dna: facilitare l’identificazione degli autori dei delitti. Ciò significa che il profilo del Dna entra di diritto a far parte degli strumenti tecnologici che giuridicamente consentono l’identificazione del soggetto. Tutti noi sappiamo che chiunque può fornire false generalità, e in questo caso l’unico modo per identificare in modo certo una persona nei cui confronti vengono svolte le indagini è acquisire le sue impronte digitali. Il sistema che acquisisce e gestisce le impronte digitali è l’Automated fingerprint identification system (Afis) del Casellario centrale d’identità collocato presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, Servizio polizia scientifica. In ragione di quanto detto sopra, si è definito un nuovo e più efficace metodo di identificazione basato sia sull’impronta digitale che sull’impronta genetica (il profilo del Dna).  

In sostanza una doppia chiave indipendente dalle generalità fornite dal soggetto. I dati personali del soggetto che viene sottoposto al prelievo di saliva    sono e restano quindi nel sistema Afis. Questo accorgimento tecnico fa sì che la BDN-Dna contenga solo informazioni anonimizzate che non consentiranno mai l’identificazione diretta del soggetto. L’informazione contenuta nella BDN-Dna e relativa ad un dato soggetto è rappresentata da una coppia di valori: un numero identificativo univoco del soggetto, generato dal sistema AFIS, associato al suo profilo del Dna effettuato presso il Laboratorio centrale per la BDN-Dna, incardinato nel Dipartimento della amministrazione penitenziaria. Questa requisito è infatti richiesto dall’articolo 12, comma 1 della legge n.85/2009 dove viene espressamente riportato che “i profili del Dna e i relativi campioni biologici non contengono le informazioni che consentono l’identificazione diretta del soggetto cui sono riferiti”. 

Quando la banca dati troverà una concordanza tra un profilo del Dna noto (i soggetti ex articolo 9) ed un profilo del Dna sconosciuto (scena del crimine), in questo caso e solo in questo, avverrà l’abbinamento dei dati anagrafici del soggetto attraverso il numero identificativo rilasciato al momento del prelievo dal sistema Afis. Questo consentirà all’Autorità giudiziaria ed alla polizia giudiziaria di identificare il soggetto. Tale operazione è vietata al personale addetto alla banca dati e potrà essere svolta solo da un numero ristretto di personale in servizio all’Afis attraverso una procedura informatica del tutto simile alle procedure di accesso utilizzate dai privati per poter accedere al loro conto corrente bancario via internet, ovvero attraverso un certificato digitale ad uso personale (Otp, smart card, etc). Al fine di consentire la verifica della liceità dei trattamenti dei dati, la banca dati, oltre a porre in essere tutte le necessarie misure di sicurezza, registra anche tutte le operazioni effettuate dai vari utenti (figure previste per il trattamento dei dati da un successivo decreto interministeriale) in appositi supporti e le conserva per venti anni.

3. Certezza e qualità del dato presente nella BDN- Dna

Per la prima volta una legge italiana prevede espressamente che, nel corso del procedimento penale, se sono tipizzati profili del Dna da reperti biologici a mezzo di accertamento tecnico, consulenza tecnica o perizia, per l’inserimento nella banca dati, l’autorità giudiziaria dovrà richiedere ai laboratori delle forze di polizia o di altre istituzioni di elevata specializzazione che la tipizzazione del profilo del Dna sia eseguita sulla base dei parametri riconosciuti a livello internazionale e indicati dalla Rete europea degli Istituti di scienze forensi (Enfsi) , e solo nei laboratori i cui metodi di prova sono accreditati secondo lo standard internazionale UNI CEI EN ISO/IEC 17025.

Questo è uno degli aspetti più significativi della norma: i laboratori che forniscono  il servizio nell’ambito di un procedimento penale devono effettuare l’analisi del Dna secondo uno standard tecnico ben preciso che viene certificato a livello nazionale da un ente terzo, Accredia, l’ente unico nazionale di certificazione mutuamente riconosciuto a livello internazionale.

Il passaggio si può definire storico da un punto di vista tecnico-giuridico. Nelle aule di giustizia, i magistrati e gli avvocati partiranno da un dato certo, l’accreditamento dell’analisi del Dna prima che diventi prova nel dibattimento: le varie fasi dell’analisi che portano alla tipizzazione del Dna in un laboratorio accreditato non saranno oggetto di discussione dibattimentale, poiché il metodo di prova utilizzato è stato già verificato e riconosciuto sia a livello nazionale che internazionale.

Qui è bene fare una precisazione. Quando un metodo di prova (il processo che complessivamente parte dal campione oggetto dell’analisi e termina con il risultato, ovvero il profilo del Dna del campione) è effettuato da un laboratorio che ha superato con esito positivo le verifiche per l’accreditamento nazionale significa che tutte le fasi del processo di tipizzazione del Dna sono scritte e descritte e hanno passato diverse verifiche tecniche che ne fanno un’analisi inattaccabile da un punto di vista tecnico-procedurale. Attualmente i laboratori in Italia, la cui prova del Dna è accreditata a partire dall’analisi del campione o reperto biologico, sono poco più di una decina su tutto il territorio nazionale (Roma, Cagliari, Napoli, Palermo, Messina, Reggio Calabria, Firenze, Parma, Torino e Orbassano) la maggiore parte dei quali appartiene alle forze di polizia, gli altri ad enti terzi . 

Consultando il sito dell’ente nazionale di accreditamento, www.accredia.it, alla voce banche dati, laboratori di prova, è possibile vedere tutti i laboratori accreditati, con le relative informazioni.  

È chiaro che la partenza della BDN-Dna determinerà un iniziale limite basato sulla qualità dei dati. Se l’autorità giudiziaria non farà eseguire la tipizzazione del Dna sotto forma di accertamento tecnico, consulenza tecnica o perizia da un laboratorio accreditato si precluderà la possibilità di inserire i profili genetici nella BDN-Dna. Questo aspetto è sicuramente un elemento di novità nell’ambito della fase di incarico al consulente tecnico o perito nell’ambito di un procedimento penale: sarà necessario che l’esperto nominato dichiari se l’analisi dei profili del Dna verrà svolta o meno in un laboratorio accreditato, identificato con un numero di Accredia e con una denominazione del metodo di prova. Cosa succederà ai profili del Dna analizzati nel corso di procedimenti penali pregressi, che fine faranno? Il decreto presidenziale definisce una regolamentazione basata su due criteri cardine. Il primo dei criteri è legato alla capacità identificativa del profilo del Dna ed il secondo alla qualità, dimostrabile,  del profilo del Dna. La banca dati sarà costituita da due livelli. Il primo livello sarà impiegato ai fini investigativi in ambito nazionale e conterrà tutti i profili del Dna che sono costituiti a partire da un numero di  punti analizzati (i cosiddetti loci o marcatori)  pari a 7 e non necessariamente ottenuti da laboratori accreditati a norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025. Il secondo livello con finalità identificativa, conterrà profili del Dna che sono costituiti a partire da un numero di marcatori uguale o superiore a 10 e ottenuti da laboratori accreditati a norma UNI CEI EN ISO/IEC 17015. Quest’ultimo livello sarà interrogabile anche a livello internazionale. Data la qualità dei profili del Dna presenti al secondo livello, una loro eventuale concordanza permette l’identificazione certa del soggetto.

Non è possibile trasmettere al secondo livello della Banca dati una commistione di più profili del Dna fatto salvo il caso in cui le due componenti siano distinguibili. Ad esempio nel caso di una violenza sessuale qualora la componente maggioritaria sia chiaramente distinguibile dalla componente minoritaria, sarà possibile trasmettere al secondo livello della banca dati la sola componente maggioritaria riconducibile ad un individuo. La regola tecnica che ci si è dati è che la componente maggioritaria deve essere superiore di almeno tre volte alla componente minoritaria ed il risultato deve essere confermato da un doppio esperimento con due kit commerciali in cui si devono chiaramente sovrapporre un numero non inferiore a dieci loci.

4. Qualità del processo e qualità del risultato prodotto nel Laboratorio centrale per la bDN-Dna

La tipizzazione del Dna dei soggetti di cui all’articolo 9 della legge n.85/2009 viene svolta a livello nazionale dal solo Laboratorio centrale per la BDN-Dna istituito presso il polo logistico di Rebibbia, afferente al ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e si svolgerà con una modalità per cui a ciascun soggetto, secondo quanto imposto dal regolamento di attuazione, verrà fatta una doppia tipizzazione del Dna con kit commerciali di ditte diverse, ma che analizzano gli stessi marcatori genetici. Questo significa che il doppio passaggio tecnico riduce ancora ulteriormente la possibilità di errori di interpretazione del profilo del Dna . In pratica alla tipizzazione del Dna dei soggetti si applicherà quella che viene definita come la qualità del prodotto.

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31/10/2016