La rinascita di Pistoia

Un’isola felice. Spesso, la città di Pistoia, si è beata di questa definizione, che potrebbe sembrare idilliaca ma che, tuttavia, ne rispecchia la sua più intima vocazione e cioè quella di una città di pace, di fortissimo impegno sociale e civile, di grande amore per le sue tradizioni e di grande, grandissimo rispetto per le istituzioni. Certo, le sponde di questa piccola isola, quasi trecentomila abitanti, nelle sue quattro principali estensioni: il capoluogo, la Montagna e i suoi meravigliosi Appennini, la distesa della Piana e la suggestiva Valdinievole, dove insistono i commissariati di Montecatini e Pescia, sono state lambite dalla criminalità nelle forme che si sono avvicendate negli anni, frutto di contaminazioni con realtà diverse. Fu l’immigrazione incontrollata dai Paesi dell’Est che portò feroci omicidi e tratta di esseri umani, donne, soprattutto, fu la piaga del pendolarismo dei rapinatori, soprattutto dal Sud e il rischio di infiltrazioni di fenomeni associativi di tipo mafioso. 

«Allo stato attuale il nostro territorio, Pistoia e provincia, appare refrattario al facile indisturbato insinuarsi di tali piaghe d’illegalità, come evidenziano i dati obiettivi riferiti alle attività investigative e giudiziarie – spiega il questore Salvatore La Porta – Non si registrano evidenti e significativi episodi delittuosi inquadrabili tra quei “reati fine” che sono tradizionalmente espressione dell’attività di organizzazioni criminali di stampo mafioso e che rappresentano la spia della loro presenza organica sul territorio, quali ad esempio omicidi per regolamento di conti interni o per il predominio nelle zone di influenza, condizionamenti degli appalti pubblici e del voto, riciclaggio di rifiuti industriali, estorsioni e fenomeni a esse collegati quali incendi, danneggiamenti, eccetera. Tuttavia risultano stanziali una serie di personaggi con alle spalle un trascorso,