Mauro Valeri

Mai più discriminazioni

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L’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori ha tenuto a Taranto il convegno sulle vittime dell’odio, rivolto ai ragazzi e non solo

noslav02 06-23

È il 3 maggio, siamo nel centralissimo teatro Fusco. Alcune scolaresche cittadine cominciano a prendere posto e con loro atleti paralimpici, rappresentanti di associazioni e le massime autorità della città: il prefetto, il questore, il comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri e il sindaco.  Il tema centrale del convegno è di quelli che impongono una seria riflessione: la discriminazione contro le persone con disabilità. A organizzarlo l’Oscad, l’osservatorio incardinato presso la Direzione centrale della polizia criminale, per fornire un supporto alle persone vittime dei reati a sfondo discriminatorio, agevolare la presentazione di denunce e favorire l’emersione di quei reati. Sul palco le moderatrici, Maristella Massari, caporedattore de La Gazzetta del Mezzogiorno e Francesca Romana Capaldo, direttore della segreteria dell’Oscad, che, dopo i saluti del comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, il colonnello Gaspare Giardelli, e del sindaco Rinaldo Melucci, danno la parola al questore, Massimo Gambino: «La giornata odierna – sottolinea – nasce sul solco di altre iniziative che hanno visto protagonista la questura tarantina su questa tematica». Il riferimento è in particolare alla nascita, il 3 dicembre dello scorso anno, giornata internazionale delle persone con disabilità, del progetto disability card, che consente agli utenti con disabilità di usufruire di un percorso agevolato per il disbrigo di alcuni servizi prestati dalla questura. La finalità dell’iniziativa è quella di evitare che i tempi di attesa, per accedere agli uffici, possano essere fonte di ulteriori disagi per gli utenti più fragili. L’accesso a tale percorso preferenziale è consentito ai titolari della “Carta europea della disabilità” (la cosiddetta disability card), tessera rilasciata dall’Inps su domanda dell’interessato. Si è quindi voluto tendere la mano alle persone affette da disabilità, dimostrando così come l’attività della Polizia di Stato non si limiti solo alla repressione dei reati, ma si estenda anche alla prevenzione e alla formazione di una coscienza sociale che consenta al disabile di esprimersi pienamente.                                                                                  A seguire, l’intervento del prefetto di Taranto, Demetrio Martino, che sottolinea come il terreno dello scontro contro pregiudizi e discriminazione sia sul piano culturale. «Occorre avere perseveranza nel contrastare questi odiosi fenomeni. Qui a Taranto – evidenzia il prefetto – ci siamo uniti con la società civile in un percorso che mira in particolare alle fasce giovanili affinché diano sostegno e impulso ai risultati che vogliamo ottenere. Vi do un esempio concreto di come questa comunità reagisca agli atti discriminatori. Qualche mese fa fu pubblicata su un quotidiano locale la storia di una diciassettenne vittima di atti discriminatori. Questa ragazza rassicurava la madre, triste e preoccupata per le vicende subite dalla figlia, dicendole di non preoccuparsi perché ormai si stava abituando. Ebbene, oggi questa ragazza è consulente onorario della prefettura e, in particolare, della pagina Instagram che ci accingiamo ad aprire per sensibilizzare i giovani su queste tematiche. E proprio a loro dico di scendere in campo e schierarsi dalla parte giusta».

La parola passa poi al presidente dell’Oscad, Vittorio Rizzi, che sottolinea l’esistenza di un termine che rappresenta tutto quello che qui si stigmatizza con fermezza: abilismo, l’odio verso le persone disabili. E analizza la considerazione della condizione di disabilità fin dai tempi antichi, da Aristotele, che considerava giusta “secondo natura” la distinzione tra padroni e servi, a Seneca che arrivava ad affermare “soffochiamo i nati mostruosi anche se fossero i nostri figli. È ragionevole separare gli esseri umani sani da quelli inutili” a quella cristiana che vedeva invece Gesù seguito da una folla di malati, attento alle loro sofferenze e non alle loro deformità. Considerazione, quest’ultima, cambiata nel tempo, tanto che nel 590 Papa Gregorio I affermava  che “un’anima sana non troverà albergo in una dimora malata”. Molte le teorie che si sono succedute da allora, dalla sterilizzazione forzata di Adolf Hitler all’eugenetica di Francis Galton, solo per citarne alcune, ma il punto di arrivo può essere considerata la Convenzione sui diritti delle persone disabili approvata nel 2006 dall’Assemblea delle Nazioni Unite e che impegna gli Stati firmatari a proteggere, garantire e promuovere i diritti delle persone con disabilità. 

A evidenziare l’attività svolta dall’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori è Elisabetta Mancini, capo dell’Ufficio di staff del vicedirettore generale del dipartimento della pubblica sicurezza, Vittorio Rizzi, che parla delle discriminazioni multiple e in particolare della violenza di genere nei confronti delle donne con disabilità. Tema, questo, sul quale l’Oscad ha realizzato una pubblicazione lanciata il 3 dicembre scorso, in occasione della giornata internazionale delle persone con disabilità. «Le donne disabili subiscono le stesse violenze delle altre donne, in più subiscono delle ulteriori sopraffazioni dovute proprio alla loro condizione: pensate alle donne disabili che vengono costrette nel letto per tanto tempo, oppure che vengono abusate sessualmente e magari vengono costrette a fornire delle immagini intime e poi ricattate con la minaccia di diffonderle on line. Subiscono anche delle violenze psicologiche, come le minacce di abbandono, che, rivolte a persone che hanno necessità dell’aiuto degli altri per vivere, risuonano terribili. Pensate a una persona disabile a cui vengono tolte le stampelle o le batterie di una sedia a rotelle per non farla camminare. O ancora a persone sottoposte ad aborti o sterilizzazioni forzati. Tutto questo succede, l’Oscad registra questi casi e cerca di agevolarne la denuncia alle forze di polizia. Ragazzi – conclude Elisabetta Mancini – quello che dobbiamo fare è tenere sempre le “antenne” ben dritte anche al di là di quello che ci viene detto. Non aspettiamo che qualcuno ci chieda aiuto per fornire aiuto». 

Molte le testimonianze toccanti sul palco, ma il messaggio più importante è che l’amicizia, come quella tra Lucio e il comandante della stazione di Palagiano dei CC, Giuseppe Formuso, o tra Mirko e l’artificiere della Polizia di Stato, Luigi Maffei, arricchisce tutti. Per dimostrare poi quanto lo sport possa essere importante nel processo di  inclusione sociale, hanno partecipato all’evento anche Vincenza Petrilli, atleta paralimpico delle Fiamme Oro (vedi box nella pagina precedente), e Piero Suma, atleta del Gruppo sportivo paralimpico Difesa, campione italiano di lancio.  Presenti poi i rappresentanti delle associazioni “Enjoy Your Dive” e “Baskin”, che con la loro attività costituiscono esempi di integrazione grazie al mare e allo sport. 

Dopo le simpatiche gag del comico cabarettista Uccio De Santis, in sala vengono proiettati i videomessaggi di sostegno alla manifestazione degli artisti Ron, Mietta e Diodato.

A chiudere l’evento il video-saluto di Giuliano Sangiorgi: «Lo sport, la musica e l’arte – ha detto il leader dei Negramaro – sono le ali che ci permettono di volare e raggiungere punti altissimi da cui guardare il Mondo con gioia e gratitudine. Vi auguro, grazie a loro, di sognare e far sognare». 

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Campionessa di determinazione 

Abbiamo intervistato Vincenza Petrilli, campionessa di tiro con l’arco e atleta paralimpica delle Fiamme oro.  Suoi, solo nei campionati mondiali di Dubai dello scorso anno, ben 3 ori. A febbraio ha pubblicato “Io sono la freccia”, edito da Readaction, libro che parla della sua rinascita dopo l’incidente stradale del luglio del 2016.  Ci diamo del tu, a patto però che la chiamiamo Enza.

Nel libro scrivi: «Questa è la mia seconda vita, la mia seconda chance. Adesso è vietato restare uguali».
Se ripenso alla mia vita precedente non mi sento la stessa persona. Sono cambiate molte cose e oggi riesco a vedere oltre… prima vivevo una vita normale, adesso, anche se su una sedia a rotelle, ne vivo una migliore. Ho fatto tante esperienze che prima non potevo neanche immaginare.

Dopo l’incidente hai chiesto al tuo fidanzato, Michelangelo, di lasciarti…
Si, volevo che si rifacesse una nuova vita e non che mi seguisse tra ospedali e riabilitazione… Lui non ha voluto lasciarmi, nonostante lo avessi quasi costretto, e ancora oggi è vicino a me. Ne sono felice.

Che messaggio vorresti trasmettere ai giovani? 
Spesso si dà tutto per scontato ma le cose possono cambiare drasticamente da un momento all’altro. Vorrei dire loro che dalle brutte esperienze si può sempre rinascere per poi essere delle persone migliori. Non bisogna arrendersi mai ed è importante continuare a inseguire i propri sogni con costanza e determinazione.

Sei vicepresidente di Aida, l’Associazione italiana diversamente abili. 
Il motto dell’Associazione è “essere diversamente abili non significa rinunciare alla vita”. Come potevo non rispecchiarmici? Non la conoscevo prima dell’incidente. Mi hanno aiutato molto indirizzandomi sulla strada corretta e mi è sembrato giusto impegnarmi con loro in questo progetto che può dare la” luce” nei momenti in cui più se ne ha bisogno. 

Perché hai scelto l’arco?
L’ho scelto perché durante il mio ricovero presso l’Istituto di Montecatone, luogo di riabilitazione, mi hanno fatto cimentare in diversi sport. Il tiro con l’arco è quello che mi ha più appassionato: è uno strumento preciso ma richiede altrettanta precisione e competenza da parte di chi lo utilizza. Ogni freccia scoccata è una sfida.

Atleta delle Fiamme oro e poliziotto, dopo la vittoria del concorso pubblico per 14 atleti paralimpici. 
Indosso la divisa con grande orgoglio e ogni volta mi provoca una forte emozione. Sono l’unica atleta paralimpica delle Fiamme oro nella disciplina del tiro con l’arco. Questo mese ultimerò il corso di formazione e diventerò finalmente agente scelto tecnico. Un poliziotto, quindi, come tutti gli altri miei colleghi “in piedi”. Davvero una grande conquista.

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Tutela della disabilità nel diritto nazionale

Nell’ordinamento penale sono presenti numerose disposizioni che configurano come reati determinate condotte in danno delle persone disabili. In alcune di queste la disabilità è considerata elemento costitutivo del reato stesso. Alcuni esempi sono rappresentati dai seguenti articoli del codice penale:

  • 558 bis, co 2: Costrizione o induzione al matrimonio ai danni di persona in condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica
  • 574: Sottrazione di persone incapaci. 
  • 579, co 3, n.2: Omicidio del consenziente, quando questo è persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità.
  • 591: Abbandono di persone minori o incapaci.
  • 593: Omissione di soccorso su persona incapace di provvedere a sé stessa, per malattia di mente o di corpo.
  • 600: Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù quando la vittima versa in condizione di inferiorità fisica o psichica.
  • 609 bis, co 2 n.1: Violenza sessuale quando la vittima versa in condizione di inferiorità fisica o psichica al momento del fatto.
  • 612 bis: Atti persecutori su persone disabili (secondo la definizione specificata dall’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104).

L’art. 36 della l. 104/1992 prevede invece un’aggravante speciale, ad effetto speciale, che comporta l’aumento – da un terzo alla metà – delle sanzioni penali, per i reati seguenti, quando compiuti ai danni di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale:

  • art. 527 cp (atti osceni).
  • Reati non colposi elencati nel libro secondo, titolo XII (dei delitti contro la persona) e titolo XIII (dei delitti contro il patrimonio) del codice penale.
  • Reati di cui alla L. 75/1958 (c.d. “legge Merlin”): reclutamento, induzione, favoreggiamento, sfruttamento della prostituzione, qualora commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale come definite dall’art. 3 della medesima legge.

L’aggravante prevista dall’articolo 36 non si applica però quando la condizione di disabilità della vittima integri già un elemento costitutivo o una circostanza aggravante speciale del reato.

Domenico Cerbone

07/06/2023