Anacleto Flori

Ritorno al futuro

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Nell’ultimo anno l’impiego delle forze dell’ordine per le partite di calcio è sceso del 23%. L’obiettivo è quello di avere stadi senza barriere, senza polizia e senza scontri. Come quelli di una volta

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el grande stadio traboccante di gente, un’enorme bandiera sbiadita dagli anni attraversa tutta la curva sospinta da due occhi ridenti che fanno capolino in mezzo a un ciuffo di capelli neri. È un ragazzino che grida al cielo tutta la sua gioia perché il suo idolo ha appena segnato un gol, proprio lì, davanti ai suoi occhi. Alla fine torna a casa, come un piccolo grande eroe, sventolando il suo vessillo. È un’immagine bella e rassicurante, che ci riporta a un calcio d’altri tempi senza barriere e violenze, quando andare allo stadio era un’occasione per tutta la famiglia di trascorrere una domenica all’aria aperta. I tempi però cambiano e anche le belle immagini finiscono per assumere contorni sempre più sfumati; così com’è sfumato il sogno di un calcio vissuto come una festa per famiglie quando, quel maledetto 2 febbraio 2007, l’ispettore capo Filippo Raciti perse la vita nel corso degli scontri con gruppi di ultras catanesi in occasione del derby Catania-Palermo. Non è stato facile per il mondo del pallone fare i conti con quel dramma e cercare di riappropriarsi dell’innocenza perduta. Tra convegni e disegni di legge piano piano si è ripartiti da poche certezze: isolare le frange più violente delle tifoserie, contenere i costi e i disagi per i cittadini e restituire al servizio di controllo del territorio centinaia di appartenenti alle forze dell’ordine. In poche parole, ripensare a un nuovo sistema di sicurezza degli stadi basato principalmente sulla responsabilizzazione delle società sportive, chiamate a organizzare e a gestire, in prima persona, l’evento sportivo. «Stadi pieni, pochi agenti di polizia impegnati, nessuno scontro e nessun ferito, dentro e fuori lo stadio. Questo ovviamente sarebbe il massimo risultato auspicabile. È un obiettivo ambizioso e difficile da raggiungere, ma è quello cui puntare per i prossimi anni». A parlare è il primo dirigente Massimo Passariello, direttore del Centro nazionale di informazione sulle manifestazioni sportive. Un settore, quello del Cnims – incastonato all’interno dell’Ufficio ordine pubblico diretto dal dirigente superiore Massimo Zanni – che da anni è chiamato a svolgere una costante attività di raccolta, analisi ed elaborazione dei dati relativi al fenomeno della violenza negli stadi. 

Un meticoloso lavoro grazie al quale l’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, attualmente diretto dal dirigente generale Daniela Stradiotto, determina l’attribuzione degli indici di rischio dei diversi incontri di calcio e, di conseguenza, l’aliquota di personale di polizia da impiegare nella gestione di ciascuna partita. «La prima cosa che abbiamo fatto – continua Passariello – è stata quella di dividere letteralmente in due la zona dello stadio: all’esterno la gestione della sicurezza è affidata alle forze dell’ordine, mentre all’interno, dai cosiddetti “filtraggi” in poi (i varchi attraverso i quali entrano gli spettatori, ndr), la sicurezza è gestita direttamente dalle singole società di calcio attraverso la presenza di steward. In questo modo abbiamo di fatto azzerato la presenza stabile di operatori della polizia sugli spalti, che entrano in scena solo in caso di reali criticità». Cardine di questo rinnovato sistema di sicurezza è il Gruppo operativo sicurezza - Gos che, composto da steward, vigili urbani, vigili del fuoco, dirigenti della società di calcio e ovviamente forze di polizia, vigila ogni domenica sugli incontri. E i risultati di questa vera e propria best practice sembrano essere davvero incoraggianti: secondo i dati relativi all’ultimo decennio forniti dal Cnims, nel corso degli incontri dei campionati professionistici monitorati (Serie A, Serie B e Lega Pro) l’impiego delle forze dell’ordine ha fatto registrare una significativa flessione del 23% passando dalle 225.729 unità impiegate nel corso della stagione calcistica 2006-07 alle 172.745 della stagione 2015-16. In totale anche i feriti sono diminuiti del 56% passando da 101 a 44, in particolare i feriti tra le forze dell’ordine sono scesi dell’84% (da 316 a 51) mentre quelli tra i civili/steward del 65% (da 134 a 47). A tale significativa diminuzione fa riscontro un’analoga contrazione del numero delle persone arrestate (da 246 a 78), a riprova del progressivo calo delle criticità. Unico dato che negli anni mantiene un’alta e costante media è quello dei denunciati, che negli ultimi 10 anni oscilla dai 848 della stagione 2006-07 ai 858 della stagione 2015-16, dopo aver raggiunto il punto più basso (504) nel 2012-13 e quello più alto (1.003) nel 2013-14. 

Si tratta di numeri che, a ben guardare, evidenziano anche come alcune questure siano state particolarmente “virtuose” nell’affrontare il tema della sicurezza allo stadio. Ne viene fuori una speciale classifica, stilata in base al rapporto tra numero degli operatori di polizia impiegati nella gestione dei servizi allo stadio e numero degli spettatori; una classifica nella quale occupa un posto di rilievo, il quinto, la questura di Udine, con 96 operatori delle forze di polizia impiegati in media per ogni gara, 1 ogni 152 spettatori. «Si può dire che la svolta nella gestione dell’ordine pubblico in occasione delle partite dell’Udinese – racconta il questore Claudio Cracovia – sia coincisa con la costruzione nel 2014 del nuovo stadio, il Dacia Arena. Un impianto interamente coperto, confortevole e accogliente incide, infatti, positivamente sul comportamento di chi va allo stadio e contribuisce a riportarvi le famiglie e, di conseguenza, a far uscire le forze di polizia. Fondamentale è stata anche la collaborazione con l’Udinede calcio e il coinvolgimento dei tifosi con i quali abbiamo stabilito un ottimo rapporto basato sul reciproco rispetto, ma anche sulla rigorosa applicazione delle sanzioni in occasione dei rarissimi episodi di intemperanza». 

Grazie a questa filosofia fatta di sinergia e dialogo, Udine rappresenta un vero e proprio progetto pilota, caratterizzato dall’abbattimento delle barriere e dalla limitazione a 110 cm dell’altezza del parapetto che divide gli spalti dal terreno di gioco. In pratica lo spettatore può assistere alla partita. stando quasi a diretto contatto con il prato. Grande spettacolo dunque, ma senza mai rinunciare alla sicurezza in quanto l’assenza di poliziotti all’interno dello stadio in divisa è stata ampiamente compensata dal potenziamento del servizio di filtraggio, dall’aumento del numero degli steward e anche dall’adozione di un nuovo sistema di videosorveglianza ad altissima definizione. «L’impegno è quello di andare giorno dopo giorno verso quello stadio del futuro – continua il questore – dove non c’è polizia ma solo famiglie di tifosi e dove la violenza sia bandita per sempre». 

Se la svolta nella gestione dei servizi allo stadio è legata alla proprietà dell’impianto da parte delle società calcistiche, la conferma arriva da Reggio Emilia dove dalla stagione 2013-14 le partite casalinghe del Sassuolo si svolgono al Mapei Stadium: una tra le prime strutture in Italia ad essere di proprietà di un club e a rifarsi, dal punto di vista funzionale e architettonico, direttamente agli stadi inglesi. «La scelta di eliminare le barriere interne – conferma il questore Isabella Fusiello – ha reso il Mapei uno stadio aperto, che mette gli spettatori nelle condizioni migliori per guardare la partita, come se fossero a teatro». Una scelta che non ha affatto penalizzato la sicurezza, visto che nella speciale classifica delle questure e società virtuose l’accoppiata Reggio Emilia-Sassuolo è al secondo posto con 72 operatori delle forze di polizia impiegati in media per ogni gara;  1 ogni 167 spettatori. «Alla progressiva “smilitarizzazione” dello stadio – spiega il questore – hanno fatto riscontro sia un sofisticato sistema di videosorveglianza, in grado di registrare immagini dentro e fuori lo stadio e collegato in tempo reale con il Gos, sia un maggior impiego di steward, impiegati nell’incanalamento dei tifosi ospiti e nei controlli agli ingressi. Ad esempio, in occasione dell’incontro con la Juventus, con lo stadio sold out, abbiamo gestito il servizio di ordine pubblico con un rinforzo del Dipartimento della ps di soli 40 uomini, oltre ai 20 territoriali». La prova del nove è stata, però, la partita di Europa League con la presenza in città degli ultras serbi della Stella Rossa di Belgrado, ma alla fine tutto è filato liscio, nemmeno un’auto danneggiata o un muro imbrattato.

La scelta fatta in quell’occasione è stata la stessa messa in campo fin dal momento dell’arrivo in Emilia del questore Fusiello, nell’agosto del 2014, per gli incontri del Sassuolo e della Reggiana (l’altra squadra di Reggio Emilia, che milita nella Lega Pro): vale a dire quella del dialogo e della collaborazione con i tifosi. Una scelta che si è rivelata vincente. Basti pensare che prima di quella data, in occasione delle partite, venivano impiegati circa 170-180 uomini tra operatori territoriali (34 poliziotti + 34 carabinieri) e personale di rinforzo del Reparto mobile «Oggi, anche in occasione delle partite con maggiori criticità – continua il questore – abbiamo dimezzato il personale impiegato. È stato così che qui a Reggio ci siamo potuti fregiare del titolo di “stadio senza polizia”. È chiaro che questo risultato non si sarebbe potuto raggiungere senza il coinvolgimento della società, cui abbiamo chiesto di isolare e di allontanare dallo stadio i tifosi facinorosi e violenti. Per questo ripeto che la gestione dell’ordine pubblico allo stadio non può e non deve essere una questione esclusiva delle forze di polizia, ma deve coinvolgere anche le società di calcio e i tifosi stessi: ognuno deve fare la propria parte». 

Insomma, fin qui abbiamo parlato di stadi senza barriere e senza polizia e di questure virtuose. Facile, potrebbe obiettare qualcuno, quando si tratta di città che non sono delle vere e proprie metropoli e di tifoserie che, nelle partite casalinghe, fanno registrare in media tra le 12mila (Sassuolo) e le 14mila (Udinese) presenze. Come la mettiamo se invece parliamo di una grande città come Torino e di una tifoseria, come quella juventina, che non solo è la più numerosa d’Italia ma che in ogni partita in casa riempie lo Juventus Stadium con circa 40mila spettatori? Ebbene la mettiamo benissimo, visto che quella di Torino è in cima alla classifica delle questure più virtuose con una media di 221 uomini delle forze dell’ordine impiegati per ciascuna gara, ma con un rapporto tra operatori di polizia e spettatori senza rivali: 1 a 180. Sarà stata la bravura dei dirigenti di polizia che si sono succeduti alla guida della questura della città sabauda, da Salvatore Longo ad Angelo Sanna, o forse sarà dovuta alla lungimiranza dell’organizzazione societaria che ha (ri)costruito uno splendido impianto sulle “ceneri” del vecchio Delle Alpi, oppure sarà merito della tradizionale compostezza del tifo bianconero, ma in questo caso bisogna proprio riconoscere che vincere (e sopratutto vincere tanto) aiuta a rendere felici non solo i tifosi, ma anche i questori. ϖ

05/06/2017