Fabrizio Ciprani*

Il capitale umano

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Arrivano le linee guida per la sorveglianza sanitaria degli operatori dei Corpi di polizia

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Fra i lavori che i bambini sognano di fare da grandi quello del poliziotto è uno dei più gettonati. Coraggio, forza, intuito, tenacia, agilità, tutte doti associate alla divisa da mettere al servizio dei “buoni e degli indifesi”, costituiscono un irresistibile richiamo a ciò che si vorrebbe essere, magari per vincere timidezze e paure tipiche dell’infanzia. In un mondo, peraltro, dove i “cattivi” non mancano mai. Indossare la divisa, in questo immaginario, è come mettersi una corazza, che protegge il corpo, nasconde le emozioni, rende meno vulnerabili.  

La divisa non è una corazza
Ma il lavoro del poliziotto ha poco di immaginario e neanche necessita sempre della corazza, anzi spesso deve essere fatto a pelle nuda, perché servono sorrisi e gesti morbidi e rassicuranti, calore umano: si pensi alle attività di soccorso durante un terremoto o un’alluvione, a quelle di accoglienza e di supporto a favore delle donne vittime di violenza sessuale o ai piccoli che subiscono abusi, a quelle di comunicazione ed assistenza ai genitori che perdono i figli in incidenti stradali. Approcci del tutto diversi da quelli di repressione, di contrasto, persino di attacco in condizioni estreme, che si richiedono in altre circostanze.

Polizia, pronto soccorso della società
Ciò che accomuna situazioni così varie, ma che possono presentarsi insieme addirittura nell’arco temporale di un turno di servizio, è l’immancabile messa in gioco di energie fisiche e psichiche. Questo particolare lavoro, peraltro, viene svolto spesso in situazioni emergenziali, non preordinate, sullo sfondo di scenari ancora non pienamente conosciuti o studiati adeguatamente e perciò non facilmente gestibili. Come ha detto recentemente il capo della Polizia quello che fanno i nostri operatori è “il Pronto Soccorso della società”. Perché il medico di Pronto Soccorso, come l’operatore di polizia, dispone di un tempo stretto per gestire il caso e deve affrontare in un turno tante situazioni differenti, che non si sceglie, che non sono mai preordinate o programmate. Deve tamponare un quadro acuto che poi sarà gestito, con più calma, da altri specialisti.

Un lavoro speciale con rischi speciali 
Non sono situazioni cui ci si abitua facilmente: il rischio è quello, prima ancora che di ammalarsi, di sacrificare parti importanti di sé stessi, generalmente quelle necessarie per vivere adeguatamente la sfera affettiva e quella relazionale.
Come per il personale medico, in effetti, la letteratura scientifica ha evidenziato che le patologie più frequenti per il personale delle forze di polizia, in ogni latitudine, sono rappresentate da quelle cardiovascolari e della sfera psichica, ovvero quelle stress-correlate. Conclusioni che sembrano scontate, ma che evidentemente non sono finora bastate per intraprendere concreti e sistematici programmi di tutela della salute di questi particolari lavoratori. Una delle criticità che non ha consentito alle amministrazioni interessate di gestire adeguatamente i rischi della salute del proprio personale è rappresentata dalla pregiudiziale difficoltà di valutarli con i metodi tradizionali, perché il lavoro di un operatore di polizia non è come quello di un operaio alla catena di montaggio o di un addetto alla sala macchine.

Sempre ”sul chi vive” e sempre più anziani
L’operatore di polizia è esposto a rischi diversi, le cui conseguenze però possono essere cumulative nel produrre effetti dannosi, che si presentano improvvisamente o forse no, ma che lo costringono comunque a un costante stato di allerta e di tensione. È spesso difficile, talvolta impossibile, definirne in termini quantitativi e qualitativi i livelli di esposizione. Ciò comporta una difficile programmazione dei piani di sorveglianza sanitaria: il servizio di polizia è infatti caratterizzato principalmente dalla potenzialità e molteplicità dei fattori di rischio piuttosto che dalla presenza sistematica degli stessi durante il turno di lavoro e l’attività routinaria globalmente considerata. Potrebbe definirsi, in sostanza, una persistente condizione di pericolo che, in qualche caso, può essere tale da realizzare un’esposizione a veri e propri rischi.

Un’ altra criticità, questa legata al particolare momento sociale, è costituita dall’invecchiamento della popolazione lavorativa che, per numerosi motivi (riduzione della reattività, della forza muscolare, dell’acuità visiva, delle capacità sensitivo-motorie e dell’equilibrio; aumento della frequenza delle malattie cronico-degenerative) interagisce con l’attività lavorativa e con la probabilità del danno in conseguenza dell’esposizione ai fattori di rischio professionali.

Finalmente le Linee Guida della Simlii
Partendo da queste evidenze, la Società italiana di medicina del lavoro ed igiene industriale (Simlii), che ha il compito di studiare ed individuare le migliori strategie di intervento dei medici competenti per la tutela della salute dei lavoratori, nel 2012 ha costituito un gruppo di lavoro sulle problematiche degli operatori dei corpi di polizia (“Rischi lavorativi nelle forze dell’ordine”), cui hanno partecipato medici del mondo accademico e delle diverse forze dell’ordine (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Polizia Penitenziaria e Polizie Locali). 

Il lavoro del gruppo di studio Simlii si è concluso lo scorso settembre con la pubblicazione delle “Linee Guida per la sorveglianza sanitaria degli operatori dei corpi di polizia”, presentate al 79° Congresso della Società, tenutosi a Roma, e che ha visto la partecipazione di mille specialisti in materia. Sono Linee Guida prime e uniche nel loro genere a livello europeo, e riguardano la gestione della salute e della sicurezza di tutti coloro che operano presso i corpi di polizia: si fa infatti riferimento non esclusivamente alle forze di polizia, ma anche alla complessa realtà costituita dalle polizie locali (municipali, provinciali) che, con le forze di polizia propriamente dette, hanno in comune molti aspetti dell’attività lavorativa e, conseguentemente, i relativi rischi. In tale settore, l’applicazione acritica del Dlgs 626/94 prima e del Dlgs 81/08 dopo ha infatti finito per creare ambiti di intervento inadeguati rispetto ai concreti rischi per la salute.

L’individuazione di Linee Guida per la sorveglianza sanitaria e la gestione del rischio per la salute e sicurezza degli operatori dei corpi di polizia, oltre alla incontrovertibile esigenza di razionalizzare ed uniformare concreti ed efficaci interventi da parte del medico competente, assume perciò un significato ben maggiore, che deriva dall’esigenza primaria ed inderogabile della nostra società di tutelare non solo la loro salute, ma quella della collettività in cui essi operano, di non dissipare risorse in protocolli di sorveglianza poco utili ma mutuati acriticamente da altri settori e di contribuire, ed è questo forse l’aspetto più importante, ad una diversa cultura d’approccio e di gestione.

Un protocollo rigoroso
Il lavoro dei componenti del gruppo di lavoro si è mosso secondo una metodologia rigorosa. Innanzitutto sono stati presi in esame i lavori scientifici effettuati sugli operatori di polizia nel panorama mondiale (nel testo sono citati quelli significativi, in numero di circa 500) e le normative di riferimento; in seconda battuta sono state individuate le criticità; infine prospettate le possibili soluzioni per le problematiche individuate. A questo punto il testo predisposto è stato sottoposto al processo di revisione di esperti esterni al gruppo che hanno formulato una valutazione complessiva dello strumento prodotto, secondo il metodo AGREE (Appraisal of Guidelines Research and Evaluation in Europe), ampiamente collaudato nel campo della medicina del lavoro. Con il metodo AGREE è possibile valutare sia la qualità dei contenuti della linea guida, sia quella di alcuni aspetti delle raccomandazioni, per ottenere un giudizio sulla validità del documento in termini di probabilità che esso riesca effettivamente a ottenere gli obiettivi auspicati. Alla fine di questo complesso “processo”, gli esperti hanno formulato, per le Linee Guida per la sorveglianza sanitaria degli operatori dei corpi di polizia il giudizio di revisione “fortemente raccomandato”.

Promozione della salute e sorveglianza sanitaria
Partendo da tali positive conclusioni, la nostra Amministrazione ha iniziato un percorso teso ad applicare tali protocolli nei confronti di tutto il personale della Polizia di Stato, senza distinzione di ruoli e qualifiche, attraverso un programma di graduale introduzione, codificato dalla recente circolare del capo della Polizia del 2 gennaio 2017, ed in linea con quanto disposto dall’art. 2 del decreto del ministro dell’Interno 30 giugno 2003, n. 198, secondo cui i criteri e le modalità di effettuazione delle visite mediche e degli accertamenti sanitari tengono conto degli incarichi svolti dal personale, dell’età, dell’anzianità di servizio e dell’eventuale presenza di patologie pregresse o croniche. 

In tal senso, le linee programmatiche, tarate sulla specifica organizzazione della Polizia di Stato, prevedono:una campagna di promozione della salute per gli operatori dai 40 ai 50 anni di età, su base volontaria; la sorveglianza sanitaria obbligatoria nei confronti degli operatori con età superiore ai 50 anni.

Il programma di promozione della salute, al contrario di quello di sorveglianza sanitaria, non prevede necessariamente una periodicità dell’accertamento; in presenza di fattori di rischio o di infermità, non tali da implicare l’inserimento in un più articolato programma di sorveglianza sanitaria, il medico può proporre al dipendente una rivalutazione nel tempo.

Un investimento sulla prevenzione
Come esplicato nelle Linee Guida Simlii, il programma complessivo del progetto non è finalizzato ad individuare coloro che non presentino più i requisiti di idoneità al servizio ed a estrometterli dal lavoro, ma rappresenta una vera e propria “offerta di salute”, attraverso tutti gli strumenti possibili per la gestione e la conservazione dello stato di benessere. 

Da questo punto di vista la conoscenza dei regimi corretti di vita (abitudini alimentari, attività fisica, ecc.) costituisce il primo obiettivo; l’individuazione di eventuali fattori di rischio (fumo, obesità, ecc.) e la loro, qualora possibile, eliminazione o riduzione rappresentano il secondo obiettivo; l’auspicabile diagnosi precoce di condizioni patologiche ed il loro trattamento sono il terzo target; la collocazione temporanea del dipendente, in caso di patologie che non ne consentano un momentaneo e incondizionato utilizzo, in attività a minor contenuto operativo, rappresenta la quarta possibile misura di prevenzione e di garanzia; l’inidoneità assoluta e permanente costituisce solo l’ultima e residuale possibilità in caso dovessero emergere patologie croniche ed incompatibili con il servizio, non passibili di alcun intervento migliorativo. Del resto, la normativa in fatto di idoneità per il personale della Polizia di Stato consente agevolmente modulazioni nell’impiego e tempistica utile per il recupero dello stato di salute. 

Come funziona la sorveglianza sanitaria
I dipendenti destinatari della sorveglianza vengono individuati dal datore di lavoro che ne cura l’invio al medico competente. Su indicazione del medico della Polizia, possono poi essere ammessi al programma di sorveglianza anche soggetti di età inferiore ai 50 anni per i quali sia stata evidenziata, nel corso di accertamenti sanitari già previsti, una condizione di ipersuscettibilità individuale a particolari condizioni e quadri morbosi, qualora sia ritenuto opportuno un monitoraggio dello stato di salute.

Questa previsione, finora non opportunamente codificata dalle normative vigenti, fornirà al medico della polizia strumenti più duttili per la gestione di taluni stati morbosi che, pur non comportando al momento limitazioni funzionali importanti, possono presentare una evoluzione peggiorativa (ad esempio patologie tumorali in remissione, cardiopatie, malattie neurologiche, diabete). Ciò consentirà, oltre che un collocamento mirato e scevro da potenziali fattori dannosi, anche la possibilità di controllare lo stato di salute nel tempo e rivedere i giudizi di idoneità. 

La sorveglianza sanitaria avverrà con periodicità stabilita sulla base dell’operatività del dipendente. A tal proposito, sempre in linea con le Linee Guida Simlii, sono stati individuati i seguenti tre gruppi: 

gruppo I, destinato ad attività esclusiva o preminente di tipo operativo; 

gruppo II, destinato ad attività tecnica e/o burocratico-amministrativa preminente ed occasionalmente operativa;

gruppo III, destinato ad attività tecnica e/o burocratico-amministrativa preminente ed eccezionalmente operativa. 

La periodicità delle visite di sorveglianza sarà triennale nel I gruppo, quadriennale nel II gruppo e quinquennale negli operatori del III gruppo. 

In presenza di fattori di ipersuscettibilità individuale per fattori di rischio e/o infermità, sarà possibile adottare provvedimenti di idoneità di durata più limitata e prevedere una periodicità più ravvicinata delle visite.

Un aiuto per idoneità speciali e temporanee
La circolare del capo della Polizia ha previsto anche modalità di armonizzazione e di semplificazione: in particolare, in attesa di un complessivo ed auspicabile riordino delle norme che disciplinano l’idoneità al servizio, le risultanze degli accertamenti effettuati nell’ambito della promozione della salute e della sorveglianza sanitaria generale potranno essere impiegate anche per l’adozione di altri provvedimenti a carattere periodico, come la verifica della sussistenza dei requisiti psico-fisici di idoneità alla guida di auto-motomezzi in servizio di polizia, o emergente, come la valutazione dell’idoneità psicofisica all’ammissione a servizi speciali, specialità, particolari qualifiche, missioni all’estero.

Il ruolo del Servizio sanitario della Polizia di Stato
Per la concreta applicazione di tali attività verranno effettuati accertamenti di I livello, consistenti in una visita medica generale (raccolta anamnestica, obiettività clinica, colloquio psicologico, esame della vista e della capacità di discriminazione uditiva) e in accertamenti strumentali di base, al fine di identificare fattori di rischio per la salute dell’operatore ed eventuali quadri morbosi in atto, con particolare riferimento alle possibili patologie correlate all’attività di polizia.

Qualora necessario, potranno essere eseguiti accertamenti specialistici di II livello, espletabili, oltre che presso i centri clinici afferenti al Servizio sanitario della Polizia di Stato, presso strutture pubbliche e private, con oneri a carico dell’Amministrazione. Laddove il dipendente sia già sottoposto a sorveglianza sanitaria per rischi connessi alla mansione lavorativa specifica, ai sensi del Dlgs 81/2008, le preesistenti procedure valutative saranno integrate con gli accertamenti previsti dalla sorveglianza sanitaria generale.

Migliorare il benessere fisico e psicologico
Occorre ricordare che la sorveglianza è rivolta ai lavoratori sani, non ai malati. Questo dato di fatto impone di rimodellare strumenti e metodi della medicina. Tutti gli accertamenti clinici e strumentali non sono orientati alla diagnosi e al trattamento di patologie, ma alla verifica dello stato di benessere. Di conseguenza, sarà spesso necessario definire nuove soglie per i vari esami, al superamento dei quali non corrisponde una diagnosi di malattia, ma l’avvio di azioni di controllo e bonifica ambientale o di promozione della salute.

Perciò è previsto anche un colloquio psicologico: non si tratta di test o di prove particolari, è soltanto uno spazio nel quale l’operatore potrà confrontarsi su eventuali spunti di disagio, talvolta inevitabili in rapporto a determinati vissuti e che, se celati o negati, finiscono poi per rappresentare il nucleo di problemi ben più grandi. Anche in tal caso sono stati previsti strumenti e programmi per la gestione dello stress e possibilità di approfondimento specialistico.

Prendersi cura del capitale umano
Si tratta, quindi, di un approccio completamente diverso al problema dell’impiego tutelato del personale, che non consiste nella improbabile ricerca di “efficientismo”, ma ambisce, prima di ogni altra cosa, ad introdurre un deciso cambiamento di cultura: l’operatore che si sottopone al programma verrà incoraggiato a gestire il proprio stato di salute senza remore e senza timori; il medico della polizia che deve eseguire gli accertamenti dovrà assumere un atteggiamento preventivo e di supporto per l’operatore, attento agli aspetti motivazionali, simile a quello di un medico sportivo (senza contare che egli stesso dovrà sottoporsi all’accertamento qualora abbia più di 50 anni). 

In conclusione, il programma di sorveglianza sanitaria per gli operatori della Polizia di Stato rappresenta un impegno finalizzato al miglioramento delle loro condizioni di salute: un insieme di promozione e prevenzione, piuttosto che il formale susseguirsi di giudizi di idoneità. Essa costituisce il fulcro di un’opera di continua ri-valutazione del rischio, formazione e informazione e di verifica delle criticità che emergono. 

Sarà possibile in questo modo realizzare quel miglioramento della qualità della vita di lavoro che, oltre che fondamentale per il benessere complessivo degli operatori, è anche la migliore garanzia per il loro ottimale impiego nella tutela dell’ordine pubblico e nella lotta al crimine. Perché senza l’attenzione per quella immensa risorsa che è il capitale umano non si va da nessuna parte. E non si sconfiggono i “cattivi”.

*direttore del Sevizio affari  generali della Direzione centrale di sanità

03/02/2017